Il ritmo annuale scandito in quattro grandi immaginazioni cosmiche (Pasqua, San Giovanni, San Michele e Natale) e il suo rapporto con l'anima umana IN QUELLE FESTE VI ERA ANCHE DELL’ALTRO: non soltanto danza, musica e canto, ma anche, successivamente, un attento ascolto. Prima le feste si svolgevano attivamente, poi i partecipanti venivano spinti ad ascoltare quel che tornava loro incontro.
Avevano inviato grandi domande al cosmo divino-spirituale con le loro danze, con i loro canti e con le loro poesie. In un certo senso tutto ciò era salito alle ampiezze del cosmo, come vi sale l’acqua a formare le nuvole per gocciolare poi in forma di pioggia. Si elevavano così gli effetti delle festività umane e ora ritornavano, naturalmente non come pioggia, ma come qualcosa che si manifestava agli uomini come potenza dell’io. Essi avevano così un senso sottile per la particolare trasformazione che avveniva appunto attorno alla festività di San Giovanni, con l’aria e il calore attorno alla Terra.
Naturalmente, l’uomo odierno del nostro periodo intellettualistico non si occupa di tutto ciò; fa altre cose rispetto agli uomini di allora: frequenta i tè delle cinque del pomeriggio, frequenta i caffé, va a teatro e altro del genere, in altre parole ha altro da fare che occuparsi dei periodi dell’anno. Con tutto quel che fa, egli dimentica le delicate trasformazioni che avvengono nell’atmosfera attorno alla Terra. Nei tempi antichi succedeva invece che gli uomini sentissero come l’aria e il calore si modificassero attorno al periodo di San Giovanni, nel pieno dell’estate, come loro stessi ricevessero l’elemento vegetale: era una sottile sensazione per tutto quello che avveniva nel mondo delle piante...” (Maurizio Lieti)