Negli ultimi trent'anni della sua vita Jung ha concentrato la sua attenzione sull'osservazione psicologica dei fenomeni religiosi. Nella sua concezione, i dati religiosi devono essere studiati come l'espressione simbolica dell'aspetto globale della personalità umana, di quel "Sé" che si pone quale sintesi degli opposti (luce e ombra, bene e male) presenti nella psiche.
È religiosa, afferma Jung, ogni esperienza di pienezza e di totalità che "afferri" l'individuo per farlo procedere lungo il tragitto dell'individuazione". In questo cammino spirituale le religioni orientali si rivelano maestre nel guidare verso un "processo d'iniziazione", vale a dire di "liberazione da un precedente stato di tenebra e di inconsapevolezza".
In questa raccolta di scritti scelti e presentati da Luigi Aurigemma, Jung si misura con i testi sacri della tradizione buddhistica e confuciana, e con le pratiche yoga e zen. Nell'evidenziare le singolari affinità tra le simbologie religiose dell'Oriente e le produzioni psicologiche (sogni, visioni, creazioni artistiche) dell'uomo occidentale, Jung non si allontana mai da un profondo senso di concretezza storica, mettendo in guardia il lettore, come ricorda Aurigemma, da "ogni imitazione semplificatrice e scimmiottatura orientalizzante, quale che ne sia la motivazione".