Nonostante la grave crisi ambientale e climatica, l'idea di coltivare “senza sforzo” e soprattutto senza far uso di pesticidi e fertilizzanti, persino di quelli ammessi per l'agricoltura biologica, suona ancora per molti come una chimera.
Se poi questa proposta arriva da un paese iper-industrializzato e noto per un'etica del lavoro vissuta all'eccesso, come il Giappone, la cosa può apparire addirittura paradossale. I
n realtà, nel Paese del Sol Levante è presente sin dagli anni Quaranta un diffuso movimento a favore dell'agricoltura naturale, di cui Yoshikazu Kawaguchi è stato uno degli esponenti più rappresentativi.
L'età avanzata, l'aspetto ieratico e l'abbigliamento tipico della tradizione rurale nipponica non devono trarre in inganno: Kawaguchi non è un filosofo, né tantomeno un monaco scintoista.
La sua proposta ha radici profonde e nasce nella pratica, dall’esperienza maturata in più di cinquant'anni di lavoro nei campi di famiglia.
In queste pagine, l’autore presenta con estrema semplicità una pratica agricola basata sulla massima semplificazione e il minimo intervento: pochi attrezzi, rigorosamente manuali; nessun trattamento contro malattie e parassiti; gestione minimalista delle infestanti, che anzi vengono riutilizzate come pacciamatura e fertilizzante; impiego di varietà locali e di semi autoprodotti.