L’anziano Egeone da anni vaga alla ricerca dei figli gemelli, chiamati entrambi Antifolo.
Da uno è stato separato a causa di un violento naufragio, che lo ha reso anche vedovo.
L’altro figlio, compiuti i diciotto anni, è partito alla ricerca del fratello assieme a Dromo, lo schiavo che pure aveva perso un gemello nell’affondamento della nave, ma non ha mai fatto ritorno.
Ciò che l’uomo non sa è che proprio in quel momento i destini dei figli e dei servi si stanno incrociando nelle strade della città in cui egli stesso si trova, Efeso, e che la loro perfetta somiglianza genererà equivoci e situazioni grottesche e, talvolta, salaci. Ispirata alle opere di Plauto,
La commedia degli errori è forse il primo dei lavori teatrali di Shakespeare che, come scrive Nadia Fusini nell’Introduzione, in questo testo “indaga sulla differenza – cos’è reale? cos’è irreale? – con profonde intuizioni.
E tratta con freschezza e maestria umori e sentimenti, emozioni e sconcerti dell’anima e della mente, su cui più avanti costruirà i suoi grandi personaggi.
Ma già qui e ora, grazie alla straordinaria capacità di amalgamare influenze classiche, medievali, rinascimentali e folk, il giovane, eclettico drammaturgo arriva a un risultato notevolissimo.
E geniale.