Rapato a zero raccoglie una cinquantina di elzeviri pubblicati in terza pagina dal quotidiano «La Nazione» di Firenze agli inizi degli anni ’80.
Scritti di getto e dettati per telefono dal Messico il giovedì mattina, conservano la scalpitante, affettuosa vivacità originaria e l’irriverenza caratteristica dello scrittore toscano, travagliato cittadino del mondo, insofferente di ogni diktat.
Coccioli fustiga ridendo, con fondamentale bonomia, feticci culturali, vizi e vezzi di chiunque, compreso sé stesso.
Qualunque sia l’argomento o lo spunto di un articolo – l’underground, i gatti, i Bronzi di Riace, gli Hare Krishna, Dio, l’amore, l’anima, gli alcolisti –, lo scrittore non parla mai dall’alto di un pulpito, ma, quasi a braccio, dal piano basso della realtà quotidiana, in mezzo al traffico delle presenze materiali e spirituali della sua vita.
Rapato a zero è una sequenza di brevi cicloni narrativi che dissolvendosi in una coda di persistenti armonici deposita nelle nostre mani uno smagliante galateo morale e intellettuale.