In che modo conosciamo ciò che crediamo di conoscere?
Siamo abituati a pensare che la realtà può essere “scoperta”. Al contrario, il costruttivismo sostiene che ciò che noi chiamiamo realtà è un’interpretazione personale, un modo particolare di osservare e spiegare il mondo che viene costruito attraverso la comunicazione e l’esperienza.
La realtà non verrebbe quindi scoperta, ma “inventata”. In questo volume si discute dell’utilità e della necessità di sostituire la tradizionale concezione della conoscenza come rappresentazione di una realtà esterna al soggetto con una epistemologia che interpreta la relazione fra conoscenza e realtà nei termini della relazione di “adatto” nel nuovo senso delle scienze evolutive.
L’adattamento, in questo senso, non è un effetto dell’azione dell’ambiente inteso come causa che determinerebbe le strutture biologiche; è invece una risposta attiva dell’organismo ai vincoli posti dall’ambiente, è l’espressione della capacità di un organismo di sopravvivere e di costruire una realtà stabile all’interno di questi vincoli.
L’adattamento biologico e cognitivo non è quindi interpretato nel senso di una progressiva ottimizzazione della corrispondenza con l’ambiente, nel senso cioè di una sempre più fine rappresentazione (interna) dell’ambiente (esterno), ma piuttosto nel senso del ritrovamento di vie agibili.
Criterio di valutazione dell’adattamento biologico e cognitivo è il successo, inteso come sopravvivenza all’interno dei vincoli posti dall’esperienza.
Squisitamente multidisciplinari, i testi qui raccolti offrono la chiave per comprendere quali problemi e quali teorizzazioni interne alle singole scienze giustificano questa presa di posizione e come ciò si traduca in un atteggiamento e in una prassi che fanno della tolleranza e dell’abbandono delle “verità assolute” la propria parola d’ordine.