Per primi arrivano la tempesta e il fulmine che uccide Domènec, il poeta contadino.
Quindi entra in scena Dolceta, che racconta la storia di quattro donne impiccate come streghe.
Poi c’è Sio, costretta ad allevare i figli da sola tra i monti di Matavaques.
E ancora le “trombe dei morti”, i funghi che con il loro cappello nero e succulento celebrano l’immutabilità del ciclo della vita.
Irene Solà ha scritto un romanzo in cui prendono voce donne e uomini – ma anche fantasmi e diavoli, nuvole e piante, cani e uova – che si trovano a convivere nei Pirenei.
Una terra di confine sui cui aleggia il ricordo di secoli di lotte per la sopravvivenza, persecuzioni guidate dal fanatismo, guerre fratricide, e tuttavia incarna una bellezza che non ha bisogno di aggettivi.
Terreno fertile per liberare il desiderio di raccontare storie. Un posto per immaginare che la morte, come la vita, non è mai qualcosa di definitivo.