La frenesia della città sembra all’improvviso lontanissima, i tornanti si snodano in mezzo a una fitta vegetazione, il segnale telefonico si interrompe: e poi, dietro una curva, ecco una radura dominata da una quercia maestosa e da un’antica casa in pietra.
A Maurizio e a Marta sembra che quella casa sia lì ad aspettarli da sempre.
A dire il vero Maurizio, da buon scrittore di romanzi, qualche sospetto per le case isolate nel bosco lo nutre, ma l’entusiasmo della moglie vince ogni resistenza.
E così i due approdano tra gli Appennini, poco desiderosi di stringere amicizia con i ruvidi abitanti del paese vicino e determinati a godersi il loro incantevole buen retiro.
Però non sono soli: dalle profondità della cantina – che i locali chiamano “l’inferno” – emerge un grosso gatto che si considera il vero padrone di casa e che, in virtù del suo pelo nerissimo, accetta l’epiteto di Minosse con felina condiscendenza.
Ma non è tutto.
Una notte dopo l’altra, a far loro compagnia si susseguono strani accadimenti: ombre fruscianti in giardino, luci che si accendono nel buio, Minosse che gonfia il pelo come se qualcosa lo avesse terrorizzato… Guccini e Macchiavelli, cantori dell’Appennino dimenticato, giocano con i fantasmi per rendere omaggio allo spirito misterioso e inafferrabile delle loro amate montagne.