Annie Besant (1847-1933), bella, intelligente, coraggiosa e carismatica, è stata senza dubbio una delle donne più celebri del suo tempo, amata e odiata, sempre al centro di polemiche e di esaltazioni.
Da alcuni considerata maestra di vita spirituale, da altri abile avventuriera, profonda conoscitrice delle religioni orientali o abile divulgatrice di testi altrui, Annie Besant ha tenuto banco nella società colta del mondo, non solo occidentale, dei primi decenni del Novecento, proponendosi come modello di donna nuova.
L’autobiografia che qui si propone è stata scritta quando la Besant, a 46 anni, è diventata segretaria della società teosofica inglese, ed è costruita per giustificare, agli occhi dei teosofi, una tardiva adesione allo spiritualismo.
Da moglie di un pastore anglicano a sostenitrice dell’ateimo nella Società del Libero pensiero, da propagandista neo-maltusiana del controllo delle nascite a, infine, socialista fabiana, la vediamo protagonista di rilievo in ognuna di queste avventure ideologiche, senza dubbio lontane, se non addirittura contrapposte, al suo successivo impiego teosofico.
Ma l’autrice è molto abile a costruirsi un percorso biografico privo di contraddizioni votato alla causa della verità, eccezionale ma insieme ricco di particolari quotidiani in cui ogni donna potesse identificarsi, appassionante come un romanzo.
Per l’abilità con cui è scritta, per la leggerezza con cui sa toccare temi scabrosi e per la capacità di avvincere il lettore alle sue avventure, si può dire che costituisca uno degli esempi più riusciti fra quelle biografie di “donne nuove” che hanno caratterizzato i primi decenni del Novecento.