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Una straordinaria versione letteraria del mito degli Angeli Caduti. L’autrice, ispirata dal Maestro Hilarion, descrive in modo mirabile come il “Diavolo” o Angelo Caduto stringa patti con gli uomini, non tanto per tentarli quanto per redimerli attraverso la ricerca della loro probità. Il romanzo tratta il classico tema del "patto col diavolo": la stessa personalità del diavolo è scissa e segue la distinzione steineriana fra istanze luciferiche e arimaniche, offrendo una visione originale e complessa della lotta fra il male e il bene. Un finale veramente illuminante dal punto di vista esoterico.
Marie Corelli: n onostante le ricerche dei suoi più recenti biografi, il mistero della sua identità non è stato davvero svelato. Quando nel 1886 pubblicò il primo libro, dichiarò di avere diciassette anni e di essere figlia di un conte veneziano. Ma ne aveva già trentuno, ed era stata, fino a poco tempo prima, Mary Mills, negletta figlia di una serva. Era cresciuta nella campagna del Surrey, senza fratelli né amici, con una madre anaffettiva: i suoi unici compagni furono i libri (Shakespeare e Keats, ma anche Radcliffe, Wallstonecraft, Beckford e Poe). Poi il padrone sposò in seconde nozze la serva e la legittimò. Ma non la presentò mai come sua figlia, e lei rifiutò sempre di considerarlo suo padre, se non adottivo. Mary Mills divenne Minnie Mackay. Charles Mackay, scozzese, era un giornalista e un paroliere (le canzoni tratte dalle sue poesie erano molto popolari). Anche il figlio Eric scribacchiava fiacchi versi. Insomma, l’adolescente figlia della serva entrò in una famiglia di borghesi divorati dal sogno della letteratura. Lei però – bionda e graziosa – inizialmente tentò di diventare una pianista. Si ribattezzò con un nome francese e un cognome italiano, gradevolmente esotico per gli inglesi. Ma presto abbandonò la musica per la narrativa.
Della pianista conservò il nome. E qualcosa di più. A poco a poco Marie Corelli non fu soltanto uno pseudonimo suggestivo, che proteggeva la sua umiliante origine: divenne un personaggio (la donna anticonformista, zitella e libera), una maschera (la caricatura della scrittrice stravagante) e poi una persona – alla fine, la sua vera identità.
Il primo romanzo – L’idillio dei due mondi, storia esoterica di magia e conoscenza di sé – riscosse un successo talmente travolgente che sorprese il suo stesso editore George Bentley – e il famoso scrittore Hall Caine, che lo aveva letto per suo conto e rifiutato. Marie Corelli però aveva accumulato trent’anni di frustrazioni e disillusioni e il successo la rese combattiva, insolente, vanitosa. Nell’ambiente letterario si guadagnò aspri nemici. Joseph Conrad si macerava confrontando l’esiguità delle vendite dei suoi capolavori alle centinaia di migliaia di copie della Corelli, capace di spacciarne ventimila in due giorni. I critici la ignorarono o la stroncarono, bollandola come una modista, con la mentalità di una cameriera.
Ma – forse proprio per questo – Marie Corelli entrò subito in sintonia con la massa invisibile dei lettori, che in un romanzo cercavano solo una risposta semplice e avvincente alle domande sul senso della vita. E Corelli, incapricciata di spiritualismo, filosofia, religione, scienza e occultismo, gliene dava. Per quarant¿anni dominò le classifiche di vendita, cimentandosi nei generi più diversi. Scrisse una trilogia fantasy (dando un seguito alle avventure del mago caldeoHeliobas in The soul of Lilith e Ardath), ma anche una trilogia biblica in cui riscriveva la storia del cristianesimo (Barabba, I dolori di Satana, The Master Christian); scrisse storie di fantasmi, di mummie egizie, racconti di orrore e fantascienza che il cinema e il fumetto avrebbero saccheggiato. La leggevano tutti: cameriere, operaie, attrici, nobili, perfino la regina Vittoria. La leggevano gli inglesi, ma anche i danesi (C. T. Dreyer girò una rivoluzionaria versione del Satana) e gli italiani (fu presto tradotta da Treves). La leggevano i bambini poveri nei ghetti, ma anche gli scrittori più insospettabili, come James Joyce ed Henry Miller.
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