Mai come oggi la riduzione dell’orario di lavoro rappresenta un’utopia concreta. Non un obiettivo lontano, ma una possibilità realizzabile nell’immediato.
Gli straordinari mutamenti che attraversano i modi di produzione contemporanei e la velocità del progresso tecnologico sollevano un’opportunità unica per ridurre il tempo dedicato al lavoro.
Ma è possibile lavorare meno e liberare tempo di vita?
Una domanda che riecheggia nel senso comune delle società a capitalismo maturo e nel dibattito pubblico, senza tuttavia trovare risposte politiche all’altezza della sfida. Infatti oggi, al contrario, si allungano i tempi di lavoro e si riducono le retribuzioni orarie. Le vette del progresso tecnico coincidono con il ritorno di forme antiche di sfruttamento della forza lavoro.
Una dinamica comune alle società occidentali, a partire dalla fine del secolo scorso e che si è accentuata negli anni successivi alla grande crisi del biennio 2007-2008.
Questa contraddizione porta al cuore della questione.
La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario non è una scelta neutrale, ma è l’esito contraddittorio dei rapporti di potere che si danno tra le classi sociali. Una scelta politica, che accontenta alcuni (la maggioranza) e scontenta altri (la minoranza).
Solo collocando il tema nella sua cornice conflittuale – e direttamente politica – è possibile delineare le strategie per ridurre l’orario di lavoro.
Una posizione che implica un radicale cambio di paradigma nelle scelte di politica economica, e la riscoperta del ruolo dello Stato nella sua doppia veste di produttore di beni e servizi e di regolatore delle politiche monetarie e fiscali.
La riduzione dell’orario si inserisce, quindi, in una politica di riforma strutturale, che ridisegna i confini tra economia e società.
Dentro questa trama di rapporti si aprono le possibilità per le forze politiche e sindacali per individuare una battaglia comune di trasformazione dello stato di cose presenti. Un doppio movimento che porta il conflitto per la riduzione dell’orario di lavoro a toccare il basso e l’alto: la società, la fabbrica e le istituzioni, agendo in profondità sulla trama dei rapporti di potere, per cambiarne il segno e la direzione.