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Da un codice del XIII secolo René Khawam ha recuperato un gioiello della letteratura araba. È il testo che gli studiosi giudicano “il più antico e il migliore”, lo stesso che leggevano i califfi, i visir, i mercanti e le donne dei grandi secoli della civiltà araba. Libero da aggiunte arbitrarie, contaminazioni, interventi e censure, nella sua forma autentica Le mille e una notte riacquista il suo fascino originario. A tessere questa sterminata e labirintica trama di storie è Shahrazâd, affascinante odalisca penetrata da secoli nell’immaginario occidentale. Per scampare alla condanna dello spietato re Shahriyâr, che intende vendicare sulle vergini del suo regno il tradimento subito, Shahrazâd sfrutta le doti dell’affabulazione offrendogli notte dopo notte racconti straordinari, rinchiusi l’uno nell’altro come in un sistema di scatole cinesi. Rapito dalla magia della narrazione il sovrano dimentica le ragioni dell’odio e annulla la condanna. Le parole di Giorgio Manganelli presentano e interpretano in modo originalissimo il lavoro dei traduttori.
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