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Dallo scoppio della crisi economica globale, il linguaggio finanziario ha monopolizzato i media e il dibattito politico internazionale.
Un nuovo linguaggio monetario ha scalzato le categorie dell’analisi sociale e dell’azione politica attraverso una profonda trasformazione sistemica ancora in corso. Un gruppo di filosofi tedeschi, tra cui Boris Groys e Peter Sloterdijk, (con in appendice uno scritto di Walter Benjamin
La religione del capitalismo) propone come risposta ai repentini mutamenti culturali e sociali del XXI secolo il concetto di “capitalismo divino”. L’interpretazione del capitalismo come religione sui generis, che coglie le recenti trasformazioni strutturali ed epocali meglio di altre categorie dell’economia politica ufficiale.
Quest’ultima, infatti, risulta ampiamente coinvolta nella crisi e apparentemente incapace di gestirla, se non procrastinandone gli effetti più nefasti e lasciandoli in eredità alle prossime generazioni.
Oltre la religione sincretista sviluppata dal capitalismo divino, emerge l’idea di una riflessione più serrata sulla realtà in cui tutti viviamo.
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