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I monasteri dovrebbero rappresentare l’ultima roccaforte che resiste alle forze modernizzatrici, materialiste e prive di Dio, che dilaniano il mondo occidentale. Oppure no? E se anche i monaci fossero, invece – come i non monaci – uomini senza Dio? Carichi, cioè, di una vaga e imprecisata spiritualità utile soprattutto come guida per orientarsi in spazi e tempi che con Dio hanno poco a che fare? E se il monastero non fosse altro che un luogo in cui monaci e turisti del sacro, mescolati nello stesso spazio, non cercano altro che recuperare una dimensione più umana, meno alienante e dunque un maggiore equilibrio nella quotidianità? E se essere monaci non fosse altro che la messa in pratica di un’arte di vivere il presente che nel mondo fuori sembrerebbe perduta?
Il saggio vuole lanciare una provocazione: in una società frammentata e secolare, compressa nel tempo e nello spazio, persino luoghi come i monasteri smettono di essere caratterizzati da religiosità tradizionali per essere trasformati in spazi di ricerca spirituale completamente inediti, alternativi e che spesso hanno a che fare più con la ricerca di un benessere psico-fisico da ottenersi qui e ora, che con l’anelito verso un Dio che attende l’uomo nell’aldilà.
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