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Un libro nomade, che viaggia attraverso l’Europa, dove storie apparentemente disparate si rivelano parti di un tutto, momenti perduti ritrovano il loro posto. Memorie sensuali del passato penetrano nel presente. Città – Madrid, Cracovia, Lisbona, Ginevra, Londra – costituiscono ibridi rievocativi di un vecchio e nuovo mondo.
Lisbona è la cornice perfetta per un incontro, una passeggiata e un lungo dialogo con il fantasma della madre: «Una vecchia con l’ombrello sedeva immobile su una panchina del parco. Con quel tipo di immobilità che richiama l’attenzione. Seduta sulla panchina del parco, voleva farsi notare».
A Ginevra vive la figlia dell’autore, e c’è la tomba di Jorge Luis Borges: «Le quattro parole sulla parte frontale della stele erano, abbiamo scoperto, in inglese antico (o arcaico). And Ne Forthtedon. Non avere paura».
Non c’è autore che riesca, come John Berger, a raccontare l’altra faccia delle città, dei luoghi. Non quello che si può immaginare, ma quello che si riesce a vedere solo con gli occhi dell’immaginazione. Nell’attraversare confini e barriere temporali Qui, dove ci incontriamo è un romanzo giocoso, inatteso e bellissimo.
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