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"Possa venire il giorno (e forse verrà presto) in cui fuggirò nei boschi di qualche isola dell'Oceania, a vivere d'estasi, di calma e d'arte, circondato da una nuova famiglia, lontano dalla lotta europea per il denaro. Lì a Tahiti potrò ascoltare, nel silenzio delle belle notti tropicali, la dolce musica sussurrante degli slanci del mio cuore in amorosa armonia con gli esseri misteriosi che mi saranno attorno. Finalmente libero, senza preoccupazioni di denaro, potrò amare, cantare e morire", così scrive Gauguin alla moglie Mette qualche mese prima di partire per i Mari del Sud. Per Gauguin, e soprattutto per la sua pittura, è un'esperienza decisiva, è come tornare alle radici dell'esistenza, a un mondo fatto di istinto, di genuinità, di ritmi naturali e di silenzi. Ed è questa realtà che Gauguin ritrae nelle sue tele e racconta nelle pagine di un quaderno che intitola semplicemente "Noa Noa", profumo. Un taccuino d'impressioni, che l'artista trascrive una volta rientrato a Parigi: "Preparo un libro" scrive alla moglie nell'autunno del 1893 "su Tahiti che sarà molto utile per far capire la mia pittura". Una sorta di memoriale, a supporto della sua arte, a rafforzare quel sentimento di primitività così nuovo e così difficile da far comprendere ai moderni europei. Il testo è qui presentato nella versione originale - non rimaneggiata dal poeta Charles Morice, a cui Gauguin aveva affidato la revisione del manoscritto - e accompagnato da una selezione di lettere da Tahiti alla moglie e agli amici.
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