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Il samadhi è l’apice della scienza spirituale dello Yoga, lo stadio supremo dell’unione con il Divino. Scritto dalla profondità della realizzazione spirituale di Swami Sivananda – il grande santo yogi di Rishikesh – questo libro descrive la filosofia dello Yoga e i passi preliminari per giungere all’Unione e infine spiega i diversi tipi e stadi di samadhi. Chi vuol fare l’esperienza meravigliosa del samadhi deve controllare la mente e il respiro, deve praticare Yoga e osservarne le regole. Per entrare nella meditazione profonda e nel samadhi, l’aspirante spirituale deve avere un ardente desiderio di liberarsi dal fuoco del samsara, come chi fugge da una casa in fiamme. Samadhi significa annientamento o assorbimento della mente. La mente va ritirata dal mondo esterno e tenuta sotto controllo fino a dissolverla nel cuore. La mente disciplinata porta all’intensa contemplazione e fa entrare in nirvikalpa samadhi. Il samadhi segue la meditazione; la meditazione profonda è il samadhi. Non si tratta di uno stato d’inerzia, oblio o annientamento, ma di uno stato d’assoluta coscienza che sfugge ad ogni tentativo di descrizione. Come il sale gettato in acqua si scioglie nell’acqua, così la mente unita al Divino alla fine si fonde nel Divino. Per un saggio non vi è ‘entrare’ e ‘uscire’ dal samadhi: ovunque vada e qualunque cosa faccia egli rimane sempre in samadhi e beve il nettare dell’immortalità in questa stessa vita. Il samadhi non è una specie d’entusiasmo emotivo o un sentimento d’euforia, ma l’esperienza intuitiva diretta della Coscienza Assoluta, la Realtà Ultima, al di là di ogni sensazione, emozione, fremito ed eccitazione. Vi è perfetta consapevolezza, si rimane nel proprio centro e si realizza la libertà assoluta, l’indipendenza e la perfezione. Nel samadhi non vi è tensione mentale, ma perfetto equilibrio, perfetta pace e silenzio; vi è il totale controllo delle funzioni mentali.. Non c’è più ignoranza sulla propria natura spirituale: il piccolo ego finito viene assorbito nella Coscienza Infinita; la mente e i sensi cessano di funzionare, il velo dell’ignoranza è bruciato dal fuoco della conoscenza.
Nel samadhi non c’è più il soggetto che medita né l’oggetto di meditazione. Il meditante discioglie la sua personalità nell’oceano di Dio, assorto e annullato fino a diventare un semplice strumento nelle mani del Signore. Nel raja yoga chi vuole diventare uno yogi e fare l’esperienza meravigliosa del samadhi deve controllare la mente e il respiro, deve praticare costantemente yoga e osservarne le regole. L’aspirante spirituale deve avere un ardente desiderio di liberarsi dal fuoco del samsara, come chi cerca ansiosamente di scappare da una casa in fiamme; solo così potrà entrare nella meditazione profonda e nel samadhi. Il samadhi non è una specie d’entusiasmo emotivo o un sentimento d’euforia; esso è la sola esperienza intuitiva diretta della Verità, della Coscienza Assoluta o della Realtà Ultima; è al di là di ogni sensazione, emozione, fremito ed eccitazione.
Nel samadhi vi è una perfetta consapevolezza che trascende ogni espressione e sentimento. Si rimane nel proprio centro – oggetto della propria ricerca – e si realizza la libertà assoluta, l’indipendenza e la perfezione. Nel samadhi non c’è più la percezione della dualità, che è causa di paura. Secondo il Vedanta, la distruzione dell’ignoranza porta al samadhi. Nel samadhi non vi è ignoranza; esso vi stabilisce nell’Atman. Mediante il samadhi il piccolo sé finito viene assorbito nella Coscienza Infinita. Nel jnani il samadhi è spontaneo e senza sforzo. “Yatra yatra mano yaati tatra tatra samadhayah – Ovunque la mente vada, là fa esperienza del samadhi. Il samadhi segue la meditazione. La meditazione profonda è il samadhi. La mente disciplinata conduce all’intensa contemplazione e infine fa entrare in nirvikalpa samadhi. Nel samadhi la mente è ritirata dalle sue occupazioni abituali e si fissa sull’Atman. Nel samadhi la mente non funziona affatto, ma viene assorbita in Brahman. Se si può indurre coscientemente uno stato simile al sonno profondo, non si tratta più di sonno profondo ma di samadhi.
Si tratta di un sonno senza sogno in cui la mente e i sensi cessano totalmente di funzionare, uno stato in cui il velo dell’ignoranza è bruciato dal fuoco della conoscenza. L’aspirante gode della gioia perfetta della libertà e fa l’esperienza gioiosa della Coscienza Cosmica e del Silenzio Supremo. Samadhi significa annientamento o assorbimento della mente. Ovunque vada e qualunque cosa faccia, lo yogi vede l’unico Sé. La liberazione si ha quando l’anima individuale diventa una sola cosa con l’Anima Suprema. Come il sale gettato nell’acqua diventa acqua, così la mente unita a Brahman alla fine diventa lo stesso Brahman. Quando la mente diventa Brahman anche questo mondo, che è una creazione della mente, si fonde in Brahman e diventa lo stesso Brahman. Quando la mente è completamente assorta in un solo oggetto di meditazione, ciò si chiama samadhi. La mente s’identifica con l’oggetto di meditazione. Nel samadhi non vi è più chi medita né l’oggetto di meditazione. Il soggetto che medita e l’oggetto meditato, colui che pensa e il pensiero, colui che adora e l’oggetto adorato sono una sola cosa. La triade di conoscitore, conoscenza e conosciuto svanisce; la mente perde coscienza di sé e diventa identica all’oggetto di meditazione. Il meditante discioglie la sua personalità nell’oceano di Dio, assorto e annullato fino a diventare un semplice strumento nelle mani del Signore: quand’egli parla per intuizione diretta proferisce senza sforzo o premeditazione parole di Dio, e quando alza la mano manifesta l’energia divina ed opera miracoli.
In samadhi non vi è né vedere né udire, non vi è coscienza fisica né mentale; c’è soltanto la coscienza spirituale, vi è solo Esistenza (Sat), che è la vostra vera essenza. Se in una piscina non c’è acqua, svanisce anche il riflesso del sole nell’acqua. Quando la mente si fonde in Brahman, quando il lago della mente si prosciuga, svanisce anche la Coscienza che vi si riflette, la personalità (jiva) scompare e rimane solo l’Esistenza. Il turiya è uno stato spirituale in cui non vi è manifestazione della mente, in esso la mente è dissolta in Brahman; è la ‘quarta dimensione’ in cui c’è solo l’infinita beatitudine brahmica. Non è uno stato d’inerzia, oblio o annientamento, ma uno stato d’assoluta coscienza che sfugge ad ogni tentativo di descrizione: è la meta finale di tutto, è la liberazione.
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