Scrive Raimondo Bultrini, corrispondente dall'Asia per la Repubblica, nella bella Introduzione a quest'ultima edizione: «La sua scelta non violenta, come quella dell'altro Nobel per la Pace, il Dalai Lama del Tibet, non ha dato apparentemente che rari e magri frutti, lasciando spazio a quanti anelano una rivoluzione armata per riappropriarsi dei diritti ingiustamente calpestati. Ma, come insegna lo stesso Buddha al quale entrambi si ispirano, un seme buono può conservarsi anche decenni in una scatola finché un giorno, piantato nella terra fertile e nutrito d'acqua e calore, non sboccerà in tutta la bellezza della sua natura pura e incontaminata».
E, nonostante le apparenze, la sua lotta ha già cominciato a erodere, lentamente ma sensibilmente, le fondamenta del regime. Aung San Suu Kyi, che ne è consapevole, proprio per questo non teme i suoi persecutori, nella ferma convinzione che prima o poi verranno sconfitti.