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Da questa consapevolezza “critica” nacque quella fusione di logos e mythos, concetto e immagine, che caratterizza il linguaggio barocco della Scienza nuova (in particolare nelle due ultime edizioni, qui presentate nella loro scrittura originaria), nel quale Vico espose due e diverse concezioni del tempo umano-divino della storia. In particolare il quinto e ultimo Libro di quest’Opera in continuo compimento, se per un verso ripropone l’idea pre-cristiana della ciclicità del corso storico, per l’altro, “sospende” l’intero orizzonte del tempo all’attimo presente: il kairologico “adesso” di Paolo, in cui “il tempo s’è contratto” (I Co, 7.29).
Ma proprio questa doppiezza della Scienza Nuova permette di instaurare significative connessioni tra la posizione di Vico e gli esiti più alti della riflessione contemporanea sulla storia, da Heidegger a Benjamin. Certo nel pieno rispetto della specificità dei loro differenti “tempi”, e quindi fuor d’ogni pretesa di stabilire “precorrimenti” e “inveramenti”; ma non meno certamente contro le vane “monumentalizzazioni” di una storiografia volta esclusivamente al passato.
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