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Chi volesse stabilire un confronto tra le movenze di un cittadino europeo medio e quelle di un primitivo, noterebbe continuamente l'impaccio, la fiacchezza, la goffaggine e l'ineleganza con cui il primo si muove, sia che cammini o stia seduto o in piedi, o quando parla o, comunque, prende contatto con l'ambiente. L 'impressione si aggrava quando si osservano le persone che compiono movimenti volutamente ritmici; infatti l'abito ritmico naturale non è volontario, bensì radicato nel profondo dell'essere. In primo luogo ci si dovrebbe convincere che per ricostruire una vita concepita ritmicamente, poco gioverebbe l'uso della nostra musica d'arte, perché essa non è un fenomeno naturale bensì artificiale.
Esiste un centro di gravità intorno al quale possiamo gravitare con il pensiero, con il canto, parlando o agendo, anche se esso è per noi praticamente inafferrabile. Ora, la presenza e la forza d'attrazione di tale centro si accentuano con la periodicità e la fiducia con cui vi giriamo intorno. Il ritmo periodico non è una successione lineare e progressiva di tempi gravi e tempi leggeri, ma un giro e un'oscillazione di due differenti valori intorno a un centro fuori del tempo.
Se, per esempio, facciamo oscillare simmetricamente le braccia in modo che a termine di ogni movimento le punte delle dita si tocchino regolarmente, ci accorgiamo immediatamente che tale incontro gravita su un centro collocato all'incirca sullo sterno. L' incontro sicuro e periodico delle punte delle dita ci dà anche un principio di fiducia nella forza dinamica e nella sicurezza dell'oscillazione.
Questo fatto psicofisico del tutto elementare segna per noi il principio della lotta contro il male inveterato del nostro tempo, vale a dire contro la mancanza di una fiducia guidata dall'istinto. Infatti tale mancanza è causa di tutta l'odierna insicurezza nel giudicare ciò che non è evidente in base a concetti razionalistici o non sembra accettabile secondo il metro di concezioni alla moda, più o meno risibili, riguardanti il cosiddetto "uomo moderno".
Prendiamo ad esempio il caso semplice, anche se per noi insolito, di una suddivisione del tempo affatto naturale. ogni battuta di una danza caucasica è composta di nove ottavi distribuiti da un tamburo in quattro gruppi, cosl che ciascuno dei primi tre colpi comprende due ottavi e il quarto dura per il tempo di tre ottavi: 1-2, 1-2, 1-2, 1-2-3.
Questo è un caso tipico di suddivisione naturale del tempo che non suddivide il 9 simmetricamente in 3x3, bensì asimmetricamente in 2+2+2+3. Siffatta musica naturale potrebbe insegnarci molto, purchè anche con il corpo ci sforzassimo di muoverci secondo tale ritmo, muovendo cioè ogni volta tre passi della medesima durata e trattenendo il quarto passo alquanto più a lungo.
Noteremmo immediatamente l'effetto riposante ed equilibratore di quest'utlimo passo più lento. Si sentirebbe cioè anche fisicamente la grande differenza tra la divisione artefatta e simmetrica dei 9 tempi in 3x3 e quella naturale in 2+2+2+3. La prima divisione è schematica e meccanica, la seconda è viva perché segna una progressione e intercala pause di riposo. La divisione asimmetrica è infinitamente più viva di quella simmetrica.
E' anche più salutare sotto tutti gli aspetti, perché ci scuote, mentre la suddivisione uniforme ci lascia completamente aridi. Contestiamo però alla suddivisione simmetrica la preminenza su quella asimmetrica. Per quale motivo? Per mantenere alla natura i suoi diritti. In tutta la natura vivente non esiste un solo composto attivo rigorosamente simmetrico, perché la rigida simmetria provoca inevitabilmente la paralisi. Lo stesso organismo interno dell'uomo - che non è né destro né mancino - anzi la stessa sua faccia, sono soggetti all'asimmetria.
In effetti la simmetria teoricamente perfetta è più un prodotto della mente che della natura, e una bella simmetria non è matematicamente esatta. Ora, per la musica naturale questa disuguaglianza è così ovvia che, per esempio, la suddivisione del 7 in 3+4 vale come una unità di due tempi in cui il secondo è semplicemente un po' più lungo del primo.
Le cosmogonie antiche consideravano come unità di tale genere anche ogni sana relazione umana; e non è certamente per una scelta gratuita che soprattutto nel simbolismo antico i numeri dispari rappresentassero le unità sacrali a cui si attribuivano poteri salvifici e fecondi. Se suddividiamo in 3+4 l'antico numero sacrificale 7, in rapporto alle relazioni fra due individui, chi nella sua vita è abituato soltanto a contare aritmeticamente troverà che il gruppo temano è in svantaggio rispetto a quello quaternario. Ma in effetti il 3 non è minore del 4, perché rappresenta una qualità profondamente diversa dal 4. Non costituisce neppure una qualità inferiore, bensì una qualità diversa, assolutamente non confrontabile con il 4. In altre parole: nel 7 stanno di fronte due qualità differenti che si integrano a vicenda, di cui nessuna è in svantaggio rispetto all'altra, presupponendo ovviamente che ciascuna parte possegga interamente e realmente la propria qualità.
Nel simbolismo antico il 3 e il 4 hanno la medesima relazione che intercorre tra uomo e donna, relazione che nella musica viene espressa con le danze a ritmo 7/4 o 7/8. Ora siamo in grado di afferrare meglio il significato proprio del ritmo. Il ritmo è un'articolazione qualitativa, non quantitativa, del tempo e dello spazio. Oscillando nella ripetizione continua, esso gira intorno a un centro inafferrabile, che però è il punto focale della relazione che si stabilisce tra due qualità o due individui, premesso che ciascuna qualità è chiaramente caratterizzata e, di conseguenza, permette all'altra di esprimersi. Quando invece una parte interferisce nell'altra, la relazione scompare.
Nella sua ultima astrazione il ritmo è il modo più profondo della vita spirituale. Di conseguenza non è mai fondamentalmente un fenomeno cosciente. Come ogni vera esperienza, in principio è vissuto del tutto inconsapevolmente. [in un canto boscimano]
Non incontriamo mai la squallida e puramente quantitativa piattezza della simmetria, perché sono sfruttate e valorizzate tutte le possibili suddivisioni [del 12 in 8+4 e 5+7]. Pertanto ogni tipo di musica è veramente ritmica soltanto quando le cosiddette battute non danno l'impressione di durezza ma gravitano elasticamente verso il loro centro di gravità.
Chi canta con rigida simmetria si stanca, chi invece respira liberamente, seguendo una certa asimmetria o elasticità, cantando si sente sollevato; e questo perché la ripetizione periodica di tale ritmo non affatica il respiro ma lo fa riposare nell'asimmetria naturale, e anche perché, non costringendolo in un sistema innaturale, lo facilita progressivamente. mentre la successione periodica di due tempi uguali ci costringe in uno schema, la successione di due tempi disuguali ci procura equilibrio e leggerezza.
L'asimmetria non forza né l'impulso motorio corporale né l'elemento specificamente spirituale, perché si basa su un fatto psicologico che oscilla regolarmente e periodicamente su un centro, come un gavitello galleggiante. Girare significa ritornare su se stessi, ripetersi.
Anche questa è una caratteristica tipica della nostra vita. Ed ecco che scopriamo un altro aspetto caratteristico del ritmo, eccellentemente definito da Klages: il ritmo è la ripetizione dell'analogo,in quanto ogni giorno non si ripete con precisione la stessa cosa, ma ritorna ciò che è fondamentale con forme sempre nuove. "
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