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Made in Italy racconta un mondo di intollerabile miseria e sopraffazione, e lo fa con completa cognizione di causa, poiché l’autore (che scrive, come è ovvio, sotto pseudonimo) lavora da anni in questo settore, ha conosciuto carnefici e vittime, ha visto con i propri occhi gli squallidi luoghi in cui si produce gran parte del nostro lusso. Con l’indignazione di un pamphlettista, il talento di un inviato, il gusto del racconto di un romanziere, Giò Rosi ci accompagna nelle fabbriche di uno Stato fantasma fondato sull’illegalità chiamato Transnistria, poi in Romania (dove, se gli indigeni pretendono troppo, si possono sempre importare operai dalle zone più povere dell’Asia), in una prigione bulgara convertita in fabbrica senza che si noti troppo la differenza, e in molti altri luoghi ancora.
Dopo aver letto questo libro, sarà più difficile comprare certi costosi capi «firmati» facendo finta di niente. Alla ribellione morale si aggiungerà l’amara consapevolezza che questo vergognoso mercato di esseri umani non solo favorisce i calcoli di imprenditori senza scrupoli, ma danneggia l’intera industria italiana e il consumatore, convinto di pagare artigianato di valore mentre compra merce scadente. Sotto la griffe si nasconde l’antica realtà dell’avidità umana.
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