"La montagna è la montagna, e la Via è la stessa di sempre: ciò che è cambiato è il mio cuore". Con queste parole un monaco zen esprime lo stupore per il mutamento prodotto in lui dalla pratica. Percorrere la Via dello Zen significa infatti spezzare l'io nei suoi componenti per riunirli in una modalità nuova - più consona alla vera essenza dell'uomo - dove paura e disagio sono superati nella "pienezza del cuore".
INDICE
Prefazione
Introduzione
Il Buddha
Sviluppi storici
La pratica in un monastero zen giapponese
Basi
Applicazioni
Conclusione
Bibliografia
Estratto dall'opera:
Non è possibile dedicarsi alla pratica intensiva in un monastero zen senza un addestramento preventivo di notevole impegno. Ma che cosa induce oggi un giovane giapponese ad assumersi un tale impegno?
Può avere incontrato un sacerdote zen che gli ha lasciato una profonda impressione; può essere indirizzato a un sacerdote zen di cui ha udito parlare favorevolmente per chiedergli consiglio riguardo a un problema personale; può sentire di avere bisogno di più "forza" interiore. Quale che sia la molla, il primo passo consiste di solito nell'entrare in contatto con il sacerdote di un tempio. Se trova risposta alle proprie necessità può aumentare la frequenza delle visite, partecipare alle attività del tempio e alle incombenze quotidiane, trascorrervi un fine settimana e, se lo desidera, chiedere il permesso di fermarsi per periodi più lunghi. Se si scopre adatto a quel genere di vita, può chiedere l'ordinazione a novizio. Se il sacerdote incaricato del tempio lo giudica idoneo, lo accetta e ne diventa il Padre nel Dharma esercitando così sul giovane una totale responsabilità e pieni diritti.
La vita di un novizio non è facile. Il paragone più calzante è con l'apprendista di una bottega medioevale che, dovendo imparare tutto, è lo schiavo non retribuito del padrone, incaricato dei lavori più umili senza avere un momento per sé. Dovendo rinunciare ai propri criteri di preferenza, impara a poco a poco la lezione fondamentale: arrendersi senza fare resistenza e collocare il proprio io in una posizione di secondo piano. Deve adattarsi, uniformarsi in piena disponibilità d'animo; in caso contrario dovrà andarsene, e verrà incoraggiato a farlo.
Il noviziato costituisce il punto di partenza per entrare in un monastero di pratica intensiva, a cui non è possibile accostarsi senza un preventivo processo di ammorbidimento costituito appunto dalla pratica preliminare del noviziato.
Il novizio presta la propria opera nel tempio, nell'abitazione del sacerdote e in giardino: pulisce, cucina, pota. Gli viene richiesto un preciso modello di comportamento. Impara ad assistere il sacerdote, servirlo ed essere a sua disposizione. Apprende a pulire immagini religiose, spesso preziose, lucidare oggetti laccati, frullare e servire il denso tè cerimoniale, prendersi cura degli abiti di ogni giorno e di quelli rituali: come lavarli, come piegarli, come ripararli e come riporli. Impara i Sutra e il modo di cantarli, oltre alla prassi delle cerimonie quotidiane e periodiche che si tengono al tempio.
La giornata inizia presto, alle cinque del mattino. Per prima cosa c'è il canto dei Sutra nello hondo, la sala dell'altare. Quindi colazione, pulizia, lavaggio degli assiti di legno che corrono tutto attorno ai templi e alle abitazioni tradizionali giapponesi, spazzare e passare ai lavori esterni: ingresso del tempio, il giardino, il cimitero e ovunque si richiede un'opera di pulizia.
Se il novizio frequenta la scuola o l'università, esce in tempo per le lezioni. Al ritorno, riprende ad attendere ai suoi doveri fino al pasto serale. Solo allora, dopo avere sparecchiato, dedica una parte della sera agli studi, perché alle ventuno l'attende il canto serale dei Sutra. Il sabato e la domenica, come pure le vacanze, sono dedicati al lavoro. Collabora attivamente alle cerimonie che si svolgono nel tempio. Prende insomma dimestichezza con tutte quante le attività.
Il Padre nel Dharma esercita su di lui un'autorità assoluta. Non restando tempo per sé. L'io volitivo che vuole fare le "cose come piace" a me si addolcisce e si smussa a poco a poco. Il novizio impara a coabitare con le proprie reazioni emotive per eseguire alla perfezione la routine del tempio.