Azoth, testo alchemico dei filosofi, viene pubblicato nel 1613, sia in tedesco e in latino, presso l'editore Johann Bringern di Francoforte. L'edizione tedesca viene attribuita dallo stesso editore ad un "diligente amatore della materia", quella latina appare come l'opera di certo Basilius Vicentinus, tradotta da Georgius Beatus.
La prima attribuzione dell'Azoth a Basilio Valentino è rintracciabile nella traduzione francese di David Laigneau pubblicata nel 1624 a Parigi. Basilio Valentino, il cui nome allegorico ben si presta ad essere ricordato come "potenza dell'alchimia", divine e rimane ben presto leggenda o verità pseudonima di un monaco benedettino di Erfurt del XV secolo.
Nel testo che presentiamo, tradotto dall'edizione latina riproposta nelle collezioni tradizionali come il Theatrum chemicum o Bibliotecha Chemica Curiosa, egli si disvela di fatto come coerente convergenza di un'alchimia ormai corredata dalla pratica paracelsica e di un'ideologia rosacruciana con le sue note asprezze riformiste e antiromane. Il trattato è diviso in due parti. La prima, in forma di dialogo, sposa le tesi di un abbandono al fervore sapienziale, esortando ad un'esercitazione riflessiva che partendo dal "Libro della Natura", contrappunti con ragionata modestia il desiderio al compimento della fede.
In tal modo l'iniziando è esortato ad integrare la propria devozione con l'esercizio di una pia procedura che miri all'invenimento alchemico: la rielaborazione operante dello stato di grazia primigenio, condotta rammentando costantemente la vicenda salvifica di Cristo archetipo alchemico per eccellenza. La seconda parte, pratico-operativa, usualmente corredata da quindici illustrazioni, qui riproposte, offre al lettore una teoria di testi ermetici tradizionali pronti ad ingaggiare con chi legge una vera e propria sfida immaginale.
Una serie di "quesiti" non ricercanti spiegazioni se non nel loro intimo accento e nella meditata filologia di ciascun lettore. Com'è noto d'altronde l'enigma, la decostruzione del proprio orgoglio razionale, sono sempre il tacito sfondo di un testo alchemico. Il quesito irresolvibile può infatti far riverberare, per Grazia, nel nostro indurito flusso di coscienza, quell'Azoth "proteico e camaleontico" con cui cripticamente si ripropone il coraggio della semplicità devozionale nascosto, ma non umiliato dalla lussureggiante foresta metaforica del dettato alchemico.