Che significa "maschio” e “femmina”? Quasi un secolo fa, un austriaco poco più che ventenne pubblicò un saggio che cerca di dare una risposta essenziale a queste domande. Un’opera che nel corso di tutti questi anni è stata osannata e condannata, accettata e respinta, ma che costituisce comunque una pietra miliare nella cultura dell’Occidente, soprattutto oggi che non vi è una maggiore chiarezza sull’argomento.
L’Autore fissa l’Uomo e la Donna “assoluti” come “tipi ideali metempirici”, rispettivamente polo positivo e negativo del vivere umano. Il singolo individuo partecipa di ambo i sessi in diversa misura, e la legge di accoppiamento è una legge di integrazione, per cui ognuno cerca come proprio compagno chi possieda i due caratteri in proporzione inversa alla propria.
La sessualità, inoltre, non è limitata ad alcuni organi, ma si estende a tutte le cellule del corpo, che può essere più maschile in alcune parti, più femminile in altre. Tuttavia, il sesso di nascita rimane fondamentale dal punto di vista caratteriale.
Importante è l’affermazione che la morale non è sociale, ma individuale e basata sulla verità: solo verso il proprio io superiore, universale ed eterno il “genio” è responsabile del suo agire. L’opera, geniale e paradossale, è una difesa appassionata dei valori spirituali dell’uomo in un’epoca di positivismo e di esaltazione della sessualità.