Un carcere, un luogo disperato che col passare del tempo si tramuta in radioso sacello di conoscenza: la luce dell'Abate Faria rischiara le tenebre del profano Dantès, che qui si erano incontrati. Così la profonda prigione – castello dei destini incrociati – diviene un edificando tempio alla virtù: laboratorio alchemico in cui maestro e discepolo inscenano il rituale d'una iniziazione incompiuta.
Quasi giusta e perfetta. Ma se la fortezza d'If è prima tappa di un'esemplare avventura misterica le cui radici filosofiche sono Alchimia e Libera Muratoria, l'intero Conte di Montecristo è favola esoterica per adulti, coperta dalle pieghe apparenti del feuilleton ottocentesco.
E allora, che cosa nascondono la simbiosi fra Edmond e l'abate e il possesso del grandioso tesoro? Quali disegni di simbolismo ermetico si celano dietro la catena di omicidi perpetrati da Dantès nei panni d'un pio abate, di un fiabesco marinaio, di un compassato lord e di un onnipotente conte? E la vendetta in quale dei misteri massonici è avvolta?
Gli Autori prendono il via da un autografo inedito di Dumas e dall'indagine appassionata di un originale esegeta delle Arti Regie, il poeta napoletano Francesco Gaeta, sbrigativamente eternato dalla Storia come "massone pentito" e suicida. Così Miccinelli e Animato, attraverso i colori di questa arabescata favola alchemica smascherano la vera identità del protagonista, trovando il bandolo del suo Opus, all'inizio incespicato e reso folle da Antimimos, demone del Piombo.
Eroe lunare dai 4 travestimenti, alchimista disequilibrato fra conscio e inconscio, metafora dell'ambigua duplice natura di Mercurio, Montecristo – pur nel suo delirio d'onnipotenza – cerca le chiavi sapienziali (argento, oro, diamante) atte a restituirgli l'unità smarrita. Un Bagatto, Dantès, genialmente criminale, che affronta il suo viaggio iniziatico come Eroe del "libro muto" dei Tarocchi: ora Carro, ora Papa, ora Giudizio...