Chi ama la pittura bizantina e in particolare l'iconografia cristiana troverà in questo libello, conservato gelosamente nei monasteri del monte Athos, le regole, codificate nel corso di secoli, per la corretta realizzazione di un'icona, e quindi per la prima volta avranno a disposizione gli strumenti per interpretare correttamente e per apprezzare completamente questo particolare tipo di produzione artistica.
L'opera è quadripartita: nella prima sezione, principalmente tecnica, sono esposti i procedimenti pittorici impiegati dai greci, il modo di preparare pennelli e colori, di stendere l'intonaco per gli affreschi e i quadri, e di dipingere su tali supporti; nella seconda vengono descritti nel dettaglio, con una precisione degna di nota, i soggetti della simbolica, ma soprattutto la storia che la pittura può rappresentare; la terza parte determina in quale posto conviene collocare tal soggetto o tal personaggio, in una chiesa, in un atrio, un refettorio o vicino ad una fontana; un'appendice, infine, fissa le caratteristiche che devono avere il Cristo e la Vergine e riporta alcune delle più frequenti iscrizioni che abbondano nelle pitture bizantine.
Le ragioni di un simile trattato sono bene sintetizzate da M. Diron nell'Introduzione: «In Grecia l'artista è schiavo del teologo; la sua opera, che copieranno i suoi successori, è stata copiata dai dipinti che l'hanno preceduto. L'artista greco è asservito alla tradizione come l'animale al suo istinto; crea una figura come la rondine il suo nido o l'ape l'alveare. Il pittore greco è un maestro dell'esecuzione; possiede l'arte, ma solamente l'arte: l'invenzione e l'ideazione appartengono ai padri ai teologi, alla Chiesa cattolica".