“Ma la grande intuizione, da parte di Palmieri e di Grassilli, è che la musica, meglio, la canzone, rappresenti un fantastico mezzo, a poco prezzo, per creare empatia, per suscitare partecipazione: sono pronto a scommettere che queste canzoni, orecchiabili, a volte persino ballabili, riuscirebbero a muovere emozioni anche in chi non fosse particolarmente interessato ad indagare la condizione esistenziale propria ed altrui e che “Mio fratello” e “Abbi cura di te” non sfigurerebbero in nessuna hit parade. La malattia mentale è ancora oggi, purtroppo, un tabù, e alcune patologie sanno suscitare nient’altro che sospetto, diffidenza, paura, anche se certi vissuti sono solo apparentemente distanti e lontani da quelli dei cosiddetti “normali”.
E pensare che basterebbe sentir suonare una canzone per ritrovarsi a cantare insieme, a sdrammatizzare, a condividere”.
(Francesco Guccini)
“L’idea di realizzare un ‘Manuale di psicopatologia cantata’ è nata dall’intenzione di ‘trasformare’ la nostra professionalità e le nostre conoscenze in canzoni, nel tentativo d’integrare il mondo musicale con la complessità del sistema psichiatria/sofferenza mentale, a cui diamo il nome di ‘psicomondo’ […] La canzone, attraverso il testo, la musica e l’interpretazione, ha il pregio dell’immediatezza, della sintesi estrema, e del forte potere comunicativo. Difficilmente in quattro minuti si riesce a spiegare la complessità di certe situazioni esistenziali, ma riteniamo che la canzone possa rappresentare una piccola provocazione, stimolare discussioni sull’argomento, soprattutto infrangere quel muro d’indifferenza e talvolta di ostilità (il cosiddetto stigma) che si erge intorno alla malattia mentale”.
(Gli autori)