Un grande antropologo belga, tra i più eminenti africanisti del secondo Novecento, qui per la prima volta tradotto in italiano, si confronta con un tema cruciale degli studi etnologici e delle indagini sull’esperienza religiosa e sulla psicologia collettiva: la transe, la «singolare metamorfosi del corpo» che accomuna fenomeni tra loro diversissimi, dalla possessione allo sciamanismo, dalla stregoneria all’estasi mistica di Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, dalla passione amorosa che segna il destino di Tristano e Isotta ai legami quasi ipnotici delle masse con i leader carismatici.
Molte di queste manifestazioni appartengono al dominio della comunicazione con il soprannaturale. Il corpo diviene allora veicolo del sacro, freme al contatto dell’Altro che lo invade, sia che raggiunga il parossismo nel «teatro liturgico» pubblico, sia che si abbandoni, in estatica solitudine, alle nozze spirituali con Dio.
In un libro che spazia dall’Africa alla Siberia, Luc de Heusch ci parla di sciamani e di posseduti, ossia dei benefici maghi-guaritori – veri avventurieri dell’aldilà – che controllano la propria transe e di coloro che invece sono preda degli spiriti. Ma non dimentica le «transe senza dèi» di cui è cosparsa la storia dell’Occidente.
Ne sono esempi la «possessione a due» che si verifica tra gli amanti, o la condizione dell’attore, sorta di medium della parola altrui, o gli stati allucinati negli attuali raduni techno. Più in generale, ci si deve chiedere se «nella nostra civiltà la disposizione sciamanica non sia quella che, nascosta nell’inconscio di un numero ristretto di uomini e donne, permette il dischiudersi dell’attività visionaria che si trova alla base della creazione mitopoietica».