Per l’importanza dei suoi studi critici ma anche per la coraggiosa militanza in difesa dei diritti umani, Edward W. Said resta sicuramente tra gli intellettuali più stimati del nostro tempo. Nasce a Gerusalemme nel 1935, erede di una ricca famiglia palestinese cristiana, e conduce i suoi primi studi nel prestigioso Victoria College del Cairo. Tra i suoi compagni ci sono il futuro re di Giordania Hussein e Omar Sharif. Ma il giovane Edward rifiuta il modello educativo dei cosiddetti Wog (Westernised Oriental Gentlemen) e incoraggiato dal padre, imprenditore ambizioso ed esigente, si trasferisce in un college del Massachusetts. Nel 1948, dichiarato lo stato di Israele, la sua famiglia è espropriata di tutti i beni. Edward decide di combattere per i diritti del popolo palestinese, per uno stato binazionale, laico e democratico. Diventa un rifugiato politico.
Vita intensa la sua, brillante ma anche scomoda, segnata dalla sofferta condizione dell’esilio ma anche da una ricchissima esperienza, in bilico tra i luoghi più prestigiosi della cultura occidentale e un Medioriente agitato da ingiustizie e conflitti. Una rara forma di leucemia induce l’autore a raccontarsi in questo libro, a dire cosa significa sentirsi “sempre nel posto sbagliato”, in un’autobiografia avvincente che contiene l’avventura degli incontri e delle idee ma anche la drammaticità della lotta e dell’esclusione. Al suo apparire, quest’opera ha suscitato un feroce dibattito sui giornali americani, israeliani e inglesi, come a dimostrare che l’infaticabile impegno di Said continua ancora a generare fecondi insegnamenti e inquietudini. A dieci anni dalla prima pubblicazione e dopo la morte di Said, si presenta come il suo testamento spirituale.