Ci sediamo, accendiamo il motore e partiamo, convinti di avere tutto sotto controllo. Ma siamo sicuri? È proprio così automatico saper gestire i 1320 stimoli al minuto che ci bombardano il cervello mentre procediamo a 50 all'ora? Tutti i giorni ci incolonniamo in partenze intelligenti, inveiamo contro la mancanza della terza corsia, ci arrabbiamo con chi non si sbriga a uscire dal parcheggio. Proviamo una gamma così completa di situazioni, sentimenti ed emozioni, che l'auto diventa un modo di esprimere la nostra personalità.
E il traffico è lo specchio della vita, sociale e della nostra cultura. Tom Vanderbilt, per decifrare il linguaggio segreto degli ingorghi, ha incontrato studiosi di psicologia, sociologia, statistica, urbanistica e molto altro: dagli ingegneri che cercano di capire come si formano le code, ai neuroscienziati che esplorano le risposte del cervello al lampeggiare dei fari di una macchina in sorpasso. Conferma così quello che sospettavamo: esistono i cattivi autisti (e alcuni sono donne) e città diverse richiedono stili di guida differenti (qualunque cosa dica il vigile). Ma rivela anche verità sorprendenti: la scelta del parcheggio è determinata dalla nostra biologia (non dalle righe blu) e finire imbottigliati è un destino (non una colpa).
In un viaggio su quattro ruote da Roma a Copenhagen, da New York a New Delhi, Vanderbilt smonta le convinzioni infondate che ci intrappolano nella corsia sbagliata. Tra cui la troppa fiducia in noi stessi.