Antonio Cianciullo, giornalista esperto di temi ambientali, ci mette in guardia dalle conseguenze di una prospettiva che finisce per avallare “il lato rapace della ricerca, quella parte del mondo industriale che ignora l’importanza del contesto e cattura la vita per catalogarla, per impossessarsene”.
Da quello della transessualità a quello del fumo, da quello che fa innamorare delle bionde a quello che scatena l’aggressività: sembra che ci sia un gene per ogni propensione e idiosincrasia. È ciò che Fritjof Capra chiama “determinismo genetico”, è l’immagine distorta della scienza che giornali e televisioni ci somministrano quotidianamente. Ma forse non è tutto. Forse la cattiva informazione è solo il segno più evidente di ideologie e interessi più profondi: il desiderio di governare la natura, di utilizzarla alla stregua di un prodotto commerciale.
Ma qual è lo stato della ricerca sulle biotecnologie? E, soprattutto, com’è possibile indirizzarne lo sviluppo in modo democratico e sostenibile? In questo agile volumetto, che raccoglie le tesi su questo tema contenute nella Scienza della vita, Capra lo spiega con chiarezza, senza astenersi dal prendere posizione.
Le sue idee sono la formulazione più approfondita e rigorosa dei movimenti che chiedono a gran voce una strada alternativa alla globalizzazione. Perché solo quando una nuova visione della vita, più rispettosa delle infinite connessioni tra i viventi, verrà accolta da scienziati, ingegneri, imprenditori e politici si potranno immaginare biotecnologie radicalmente diverse, mosse dal desiderio di imparare dalla natura invece che di controllarla.