"Gli dèi germani" non ci offre soltanto un prezioso quadro della mitologia nordica, una delle mitologie più affascinanti e relativamente meno conosciute. In esso il grande studioso francese ha dato una delle più convincenti applicazioni della sua famosa teoria della tripartizione funzionale, teoria che ha avuto un ruolo radicalmente innovatore nello studio delle antiche religioni indoeuropee, paragonabile a quello delle Strutture elementari della parentela di Lévi-Strauss in rapporto agli studi sulla parentela.
Gli intricati conflitti fra gli Asi e i Vani, le due grandi famiglie divine che abitano il pantheon nordico, vengono così ricondotti a una necessità strutturale e l’ambiguo significato di molte divinità viene illuminato dal confronto con le divinità funzionalmente corrispondenti in altre religioni indoeuropee.
Attraverso l’analisi delle varie forme di sovranità, quali si manifestano nelle figure divine, vediamo così delinearsi il profilo di una civiltà intera, e possiamo osservare da vicino l’origine e il fondamento di certe costanti – dal senso della fatalità a quello della fedeltà tribale, all’onore guerresco, alla magia nefasta –, che continueranno poi a riverberare nel corso di tutta la storia germanica. Gli dèi dei Germani è stato pubblicato a Parigi nel 1959. La traduzione è stata condotta sulla seconda edizione francese dell’opera, appositamente riveduta dall’autore per l’edizione italiana.