Lo psicoterapeuta attraversa continuamente relazioni sofferenti. La sua missione è riaffermare il valore profondo di senso insito nell’affrontare eventi critici, drammi e ferite nei quali è racchiusa la via per scoprire e accrescere la propria autenticità. Numerosi sono i modi per prendersi cura delle ferite dell’intersoggettività.
Incrociando la psicoterapia umanistica rogersiana con una lettura fenomenologica della teoria dell’attaccamento, questo volume delinea un inedito approccio integrato per la cura dei disturbi della personalità. Secondo questa visione, per affrontare le crisi della vita è necessario che qualcuno (e non qualcosa) ci “riconosca”, ci “accolga”, ci “alleni”, ci permetta di apprendere, di costruire in noi la capacità di dare un senso alle nostre ferite e diventare “resilienti”. Ne deriva una psicoterapia basata non tanto sull’analisi dei sintomi, ma sulla creazione di uno spazio di accoglienza e confronto dialogico, volto al comune obiettivo della crescita interiore del cliente; una psicoterapia dove si cercano insieme le parole per decodificare e simbolizzare quanto avviene dentro e fuori di sé, favorendo la riflessività. Solo in un sicuro ed empatico incontro Io-Tu si possono lentamente trasformare le cicatrici in ricami, ricucendo gli strappi proprio nella dimensione in cui più intensa è stata la disfunzionalità.
Questo consente di trovare il proprio unico e personalissimo cammino di vita e portarlo a compimento, con quell’equilibrio e integrità di fondo che Buber definirebbe l’opera fatta di getto: “Come realizzare un lavoro in un sol getto? Non in altro modo che con un’anima unificata”.