Negli ultimi decenni migrazioni e guerre ci hanno portato drammaticamente in rapporto con l'altro, colui che abita un villaggio differente, legge il mondo con altri occhi, parla un'altra lingua, invoca Dio con un altro nome. L'incontro fa emergere le differenze e mette alla prova le identità personali e collettive. Di fronte a questa sfida può scattare la tentazione di distruggere l'altro o di neutralizzarlo trovandogli un posto all'interno della nostra visione del mondo. Si tratta però di un atteggiamento miope, oltre che disumano, perché nessuna cultura ce la fa da sola ad affrontare le sfide terribili, da quella atomica a quella ecologica, che la modernità ci propone. Occorre una trasformazione eroica della civiltà occidentale per permettere all'altro di pronunciare la propria parola, senza ridurlo a oggetto di studio, di comprensione o addirittura di carità. Solo un dialogo che sappia andare al di là del semplice ragionamento ed entrare in comunione con l'altro può assicurare un futuro alla specie umana.