Quanto cresce Alice nel corso di un solo giorno! Tanto all’inizio è timida, intimorita dalle continue gaffes con il topo, deferente con il Coniglio, spinta a piangere una “pozza di lacrime” dallo sconforto, quanto alla fine del libro è sicura di sé, capace di tener testa a ogni interlocutore, compresa la collerica Regina, e di non sottostare alle regole del gioco esclamando: “Che me ne importa di voi? Non siete altro che un mazzo di carte!”. Questo suggerisce, tra le tante possibili, una chiave interpretativa secondo cui Alice nel Paese delle Meraviglie è un romanzo di formazione, in quanto illustra l’affermarsi nella protagonista di un carattere forte e sicuro in cui intraprendenza e curiosità sono due importanti caratteristiche.
Ho rinvenuto un indicatore dell’evoluzione irreversibile che Alice ha avuto nel corso della vicenda narrata nel capitolo 9. Quando la Falsa Tartaruga si vanta della scuola che ha frequentato sul fondo del mare, Alice ribatte: “Anch’io ho frequentato una scuola diurna. Non hai motivo di vantarti tanto”. Ora, se Alice fosse stata ancora la timida scolaretta dell’inizio della storia, avrebbe detto “frequento” una scuola diurna; con la scelta del passato prossimo ci fa sapere che la sua vita precedente, compresa l’esperienza della scuola, è ormai acqua passata. Col tempo Alice Liddell crebbe diventando la signora Hargreaves. Anche il libro è diventato “grande”, in più di un senso. Per cominciare, è entrato nel novero dei grandi libri della nostra civiltà, paragonabile alla Bibbia per frequenza di citazioni. Continua ad essere molto letto, soprattutto da adulti, per la verità, perché i bambini, anche quelli inglesi, non hanno gli strumenti culturali necessari per percepire il suo sofisticato nonsense e il sovvertimento delle convenzioni vittoriane che Carroll opera.
Il libro di Alice continua a stimolare letture critiche sempre nuove, perché la buona letteratura è un pozzo inesauribile di significati. Anche il mondo di Alice, che comprende, oltre al testo dei libri, la biografia del suo autore e della protagonista, è sottoposto a continue significazioni. La rassegna più completa e accurata di queste è offerta da Will Brooker in un saggio del 2004VI. La sua tesi è che Carroll e Alice circolino nella cultura contemporanea come miti o icone culturali, spesso molto lontani dalle figure storiche di Alice Liddell e Charles Dodgson e dal reale significato delle opere. Si pensi ad esempio a come è presentata Alice nei parchi tematici di Disney.
Fino al 1930 circa Carroll venne esaltato come un uomo capace di conservare in sé l’innocenza del fanciullo e di comprendere la mente infantile, autore ricco di fantasia, spinto a produrre opere sublimi dall’ispirazione della sua piccola musa, Alice. Negli Anni Trenta del XX secolo incominciò ad affermarsi, soprattutto grazie alla critica psicoanaliticaVII, una visione molto meno innocente. Carroll venne considerato un uomo incapace di sessualità adulta, un potenziale pedofilo, trattenuto dal molestare le bambine solo dalla sua inibizione. Nel testo dei due libri di Alice vennero lette tracce di sentimenti violenti e primitivi quali cannibalismo, crudeltà, sadismo. Una inaspettata terza via è emersa da un saggio di Karoline LeachVIII, che sembrerebbe aver scoperto (ma senza prove veramente sicure) che Carroll praticasse una sessualità adulta, che però veniva occultata per via della pruderie vittoriana. La Leach ipotizza addirittura una relazione amorosa tra Carroll e Lorina Liddell, la madre di Alice. L’allontanamento di Carroll dalla famiglia si spiegherebbe con la fine di questo amore. Trovo che la molteplicità delle letture e interpretazioni possibili sulla base dei dati biografici e testuali a nostra disposizione debba spingere ciascuno a usare la propria intuizione e sensibilità per trovare un itinerario suo nel complesso Paese delle Meraviglie.