Quando George Bush andrà via dalla Casa Bianca all’inizio del 2009, gli Stati Uniti torneranno forse alla “normalità”? Il prossimo presidente potrà governare alla luce di una nuova visione, capace di far riassumere agli Usa un ruolo “positivo” nello sviluppo del pianeta? Per Susan George questo non potrà assolutamente succedere, o almeno sarà un percorso difficile e pieno di ostacoli. Da ormai più di trent’anni, infatti, la destra americana è protagonista di una “lunga marcia” che le ha consentito di conquistare tutte le principali casematte ideologiche del paese: una vera e propria guerra culturale che ha inciso in profondità sui contenuti e le forme del dibattito politico americano. Alla base della sua strategia le cosiddette “quattro M”: money, media, marketing e management, a cui bisognerebbe aggiungere però il senso di “missione” che ha ispirato ogni atto della politica estera.
Il risultato è un’alleanza eterogenea ma non per questo meno formidabile, che comprende fondazioni private, lobby, think-thank specializzati in ogni genere di questioni, un vasto arcipelago di pubblicazioni, tv via cavo religiose, avvocati, organizzazioni politiche con un’immediata capacità di mobilitazione. Chiunque sia, il prossimo presidente degli Stati Uniti non potrà fare a meno di confrontarsi con questa realtà, in cui poco o nulla è rimasto dei valori “liberal” che avevano ispirato l’epoca dell’affirmative action negli anni sessanta.
Neoliberismo, pensiero politico neoconservatore, disegno intelligente, tolleranza zero, creazionismo, scuole confessionali su misura hanno contribuito a creare un nuovo senso comune che mina alle radici i valori ereditati dall’Illuminismo, che pure sono alla base della stessa Costituzione americana. E “le idee generano conseguenze”…