Vent’anni fa Graham Hancock ha scritto «Impronte degli dèi», un libro che esamina in una chiave rivoluzionaria il passato dell’umanità aprendo la strada a un nuovo concetto di archeologia.
Da subito un bestseller, nel corso degli anni ha venduto 9 milioni di copie. Nel ventesimo anniversario della pubblicazione, esce «Il ritorno degli dèi», frutto di anni di ricerche che hanno portato a scoperte sensazionali su quella civiltà perduta che Hancock aveva ipotizzato in «Impronte degli dèi».
Le più recenti scoperte scientifiche e archeologiche sembrano infatti confermare la teoria «eretica» di Hancock di un cataclisma apocalittico dovuto alla collisione del nostro pianeta con una cometa fra 13 mila e 12 mila anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione, e che ha spazzato via «quasi» ogni traccia di una civiltà avanzata diffusa su tutta la Terra. Nel «Ritorno degli dèi» Hancock identifica e documenta le tracce che dimostrano l’esistenza di questa civiltà e si pone in una prospettiva nuova riguardo all’eredità del passato.
Per ricominciare siamo stati aiutati e guidati dagli «dèi Costruttori», i Sapienti sopravvissuti all’epoca antidiluviana che tramandando alle generazioni future tradizioni e sapienza derivanti da un’epoca precedente riuscirono a rinnovarsi, come la mitica fenice. La loro missione non fu però soltanto quella di consegnarci il patrimonio di conoscenze con cui ricominciare, ma anche di lasciarci un messaggio: sarebbe successo ancora.
Un nuovo cataclisma incomberà sulla Terra e il «ritorno della fenice», a cui sono da sempre associati distruzione e rinnovamento, avverrà proprio nei nostri tempi, un possibile futuro che dobbiamo prepararci ad affrontare.