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In questo saggio l'autore ci rivela gli errori, di cui siamo quasi sempre inconsapevoli, che ci impediscono di pensare correttamente. Essi sono in genere determinati da un uso distorto della ragione e dal prevalere di pulsioni ed emozioni. Pregiudizi, paure, spirito gregario, mancanza di senso critico ci inducono a ignorare i dati oggettivi, o a interpretarli in modo sbagliato, e di conseguenza a prendere decisioni illogiche e controproducenti. Per dimostrare quanto l’irrazionalità domini le azioni umane, l’autore racconta con humour tipicamente anglosassone aneddoti tratti dalla vita quotidiana e professionale, analizza con rigore scientifico i risultati di test psicologici, si riferisce ad alcuni cruciali avvenimenti storici come, ad esempio, la seconda guerra mondiale o quella del Vietnam.
Ma ci indica anche la strada per imparare (o reimparare) a usare bene il nostro cervello, non fidandoci dell’intuizione – una qualità troppo spesso sopravvalutata – e invece ricorrendo alla matematica, alla statistica e al calcolo delle probabilità. Erede del razionalismo e dell’empirismo inglese, Sutherland, pur con molti dubbi, coltiva ancora la fiducia aristotelica nell’agire razionale dell’uomo.
Esratto dall'Introduzione:
Nel complesso, la razionalità ha sempre goduto di buona stampa. Già Amleto dichiarava: «Che capolavoro è l'uomo! Quanto è nobile nella sua ragione!» 1. E Thomas Huxley, fervente apostolo del razionalismo, andava ancora oltre: «Se un qualche grande Potere acconsentisse a farmi sempre pensare ciò che è vero e fare ciò che è giusto, a condizione che venissi trasformato in una sorta di orologio e caricato ogni mattina prima di alzarmi dal letto, accetterei immediatamente l'offerta» 2. Che la razionalità sia o meno un dono così prezioso come lo riteneva Huxley, è certo che le persone, se mai la manifestano, lo fanno solo sporadicamente. Pensate, ad esempio, a come rispondereste alle seguenti domande: «Che cos'è più probabile? Che una madre con gli occhi azzurri abbia una figlia con gli occhi azzurri o viceversa?»
«Sono di più le parole che iniziano con la lettera "k" o quelle dove la "k" compare al terzo posto?» «Un colloquio è un metodo di selezione valido?» «Sapendo che il fumo decuplica il rischio di cancro ai polmoni e raddoppia quello di malattie cardiache mortali, sono di più i fumatori che muoiono di tumore polmonare o di gravi cardiopatie?» «Vi considerate guidatori migliori della media?» «Vi lascereste persuadere a infliggere scosse potenzialmente letali a qualcuno nell'ambito di un esperimento psicologico?» «Muoiono più persone d'infarto o di incidenti?» «Che cosa è più pericoloso: andare in bicicletta o fare un giro su una ruota panoramica?»
«Prendete due reparti-maternità, di cui uno con una media di 45 nascite al giorno e l'altro di 15: in quale dei due è più probabile che il 60% dei bambini nati in un certo giorno siano maschi?» «È sempre vantaggioso ricompensare le persone per aver eseguito bene un incarico?». A meno che non siate stati messi in guardia dal titolo di questo libro, è probabile che alcune delle risposte che avete dato a queste semplici domande siano irrazionali, come peraltro lo sono state anche alcune delle mie la prima volta che me le sono trovate di fronte. Inoltre, se avete risposto a tutte siete certamente irrazionali, perché alcune di esse non contengono informazioni sufficienti per fornire una risposta: l'incapacità di sospendere il giudizio, infatti, è una delle più diffuse forme di irrazionalità.
La cultura occidentale - a partire da Aristotele, che definiva l'uomo «un animale ragionevole» - è sostanzialmente incline a credere che tutti o quasi, a meno che non siano dementi, siano almeno in gran parte razionali. Ovviamente i nostri amici e conoscenti lo sono meno di noi, ma nel complesso anch'essi si possono ritenere tali. Non sempre, però, l'Occidente ha abbracciato queste convinzioni, men che meno l'Oriente, dove prevale tuttora il pensiero mistico. È vero, le opinioni di Aristotele erano quelle ufficiali del mondo classico, ma nel Medioevo la fiducia nella ragione umana venne largamente meno, lasciando il posto all'idea che le persone debbano agire sulla base della fede, e forse, ma in misura minore, delle emozioni.
Fu Cartesio a riportare in auge la tesi secondo la quale l'uomo è - o dovrebbe essere - una creatura razionale, ossia capace di operare secondo le evidenze fornitegli dai sensi e la propria capacità di ragionamento: una tesi che diede origine alla tradizione umanistica tuttora dominante. L'uomo non ha bisogno di ispirazione divina: la sua ragione basta a se stessa. Fino a poco tempo fa, i filosofi, gli psicologi e gli economisti davano per scontato che gli uomini agissero per lo più in base a criteri razionali. Il grande filosofo Gilbert Ryle ha affermato: «Lasciamo pure che lo psicologo ci spieghi perché ci facciamo trarre in inganno: possiamo sempre replicare, a noi stessi come a lui, che non è vero»
3. In altre parole, egli riteneva che la razionalità fosse la norma, o, se preferite, una realtà indiscussa: credeva infatti che solo le azioni che si discostano da essa necessitino di essere spiegate. Ryle conduceva una vita claustrale al Magdalen College di Oxford, un contesto in cui forse non è troppo difficile agire razionalmente, ma anche Sigmund Freud, che pure, a Vienna, non interagiva con accademici esangui, bensì con pazienti nevrotici e con colleghi spesso altrettanto nevrotici, condivideva l'approccio di Ryle. Freud partiva dal presupposto che i comportamenti razionali siano la norma: perciò tentava di spiegare solo le azioni irrazionali, soprattutto i sogni, i sintomi nevrotici e i lapsus linguae.
Le sue spiegazioni sono un tentativo di dimostrare che, una volta compresi i processi inconsci soggiacenti alle nostre azioni, in particolare il conflitto tra la libido e il super-io, tutti questi comportamenti apparentemente irrazionali si rivelano in realtà razionali: rendono, infatti, possibile, sia pure in forma camuffata, il soddisfacimento della libido. I meccanismi di difesa che occultano al super-io l'appagamento dei desideri libidici sono sì inconsci, ma totalmente conformi a ragione: ad esempio l'avaro, intento ad accumulare ricchezze che non userà mai, non agisce in modo veramente irrazionale, ma gratifica se stesso realizzando il proprio desiderio infantile di trattenere le feci. Fino a qualche tempo fa, anche l'economia era quasi interamente basata sull'idea che l'uomo fosse una creatura razionale.
L'homo oeconomicus veniva concepito come un essere dotato di una serie di preferenze per beni diversi, che si limitava a mettere di volta in volta a confronto prezzi e prodotti, acquistando tutto ciò che era più conveniente per lui in termini di rapporto costi-benefici. Quanto all'imprenditore, si supponeva che anch’'egli operasse in maniera totalmente razionale, limitandosi a produrre i beni che gli consentivano di realizzare i profitti più elevati, e stabilendo i prezzi che gli permettevano di incrementare al massimo tali profitti. La possibilità che anche lui fosse una persona pigra, stupida, poco efficiente o alla ricerca di un titolo nobiliare era contemplata di rado. Vedremo che gli economisti classici avevano torto, sia a proposito del consumatore che del produttore.
Indice:
Ringraziamenti Prefazione Introduzione IRRAZIONALITÀ 1. L'impressione sbagliata 2. Obbedienza 3. Conformismo 4. In-group e out-group 5. Follia delle organizzazioni pubbliche e private 6. Un malinteso senso di coerenza 7. Uso improprio dei premi e delle punizioni 8. Pulsioni ed emozioni 9. Ignorare le evidenze lO. Distorcere le evidenze 11. Fare i collegamenti sbagliati 12. Collegamenti sbagliati in ambito medico 13. Errori nell'individuazione delle cause 14. Errori nell'interpretazione delle evidenze 15. Decisioni incoerenti e cattive scommesse 16. Eccesso di sicurezza 17. Rischi 18. Inferenze sbagliate 19. I limiti dell'intuizione 20. Utilità 21. II paranormale 22. Cause, cure e costi Ulteriori ringraziamenti e bibliografia specifica Bibliografia Indice dei nomi
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