Ci sono bambini che passano i loro vuoti pomeriggi a raccontarsi, seduti all'ombra delle macerie, storie di uomini scomparsi misteriosamente. Ci sono madri che in affannose corse contro il tempo bussano alle porte dei villaggi in cerca di denaro per riscattare i figli dalle mani di un esercito di aguzzini. Un popolo intero umiliato da anni di privazioni, violenze e indifferenza. Questa è la Cecenia, un Paese tenuto accuratamente lontano dai riflettori dove "la tortura è la norma, le esecuzioni senza processo sono routine e le razzie e i saccheggi un luogo comune".
Una terra battuta dalla guerra, minacciata dal fuoco delle sanguinarie milizie indipendentiste e messa ancor più in pericolo da un esercito corrotto, complice e profittatore di uno spietato disegno politico. E la vittima di tanta cruda insensatezza non è un'astratta entità statale ma una popolazione inerme, costantemente sotto minaccia, privata del diritto e della dignità. Inviata sul campo dal settimanale di ispirazione liberale "Novaja Gazeta", Anna Politkovskaja ha avuto il coraggio di rompere il silenzio svelando al mondo gli orrori della Cecenia, senza censure né remore nell'accusare Putin e nel parlare di genocidio. Per anni la sua voce è stata l'unico filo di collegamento tra quelle terre dimenticate e il resto del mondo.
Il libro ripercorre l'esperienza personale e l'indagine rigorosa, raccogliendo gli scomodi reportage che hanno smascherato i crimini della Russia e che le sono costati la vita.