Molte domande ci poniamo ogni giorno, convinti che per rispondere basti sfogliare la rubrica di un giornale, o ascoltare per qualche minuto l’ultimo imbonitore nutrizionista ospitato in tv. Ad esempio: Che cosa mangiamo e perché? Ma se quelle domande le si guarda un po’ più da vicino, come fa Michael Pollan in questo documentato e brillantissimo saggio, forse il primo sull’argomento a non prendere nessun partito, se non quello dell’ironia e del buon senso, le risposte appaiono meno scontate.
Che legga insieme a noi le strepitose biografie del pollo «biologico» riportate sulla confezione di petti del medesimo, o attraversi le lande grigie e fangose del Midwest, dove milioni di bovini nutriti a mais e antibiotici vivono la loro breve esistenza fra immense pozze di liquame, egli arriva immancabilmente a conclusioni di volta in volta raccapriccianti o paradossali.
Il problema, che Pollan descrive con rigore ed e- strema chiarezza, è che trovarsi al vertice della catena alimentare – cioè poter mangiare, a differenza delle altre specie, pressoché tutto – offre all’homo sapiens numerosi vantaggi, ma lo espone anche a quasi infinite possibilità di manipolazione. Per condurre una vita meno insana, dunque, l’onnivoro ha bisogno di sapere, sui propri appetiti e sui propri meccanismi adattivi, almeno quanto ne sanno gli strateghi dell’industria alimentare. In altre parole, ha bisogno di un libro come questo.