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Secondo Amnesty International la pratica rituale delle mutilazioni genitali femminili è praticata ampiamente in quasi trenta paesi. In alcune aree viene inflitta a più del 90 per cento delle donne. Milioni di donne. La trama del film è lineare e drammatica: una donna, Collé Ardo, vive in un villaggio africano. Sette anni fa, si è rifiutata di sottoporre sua figlia alla pratica dell’escissione, una pratica che considera barbara. Ora, quattro ragazzine scappano per sottrarsi a questo rito sanguinario, e chiedono protezione a Collé. Da qui lo scontro tra due tradizioni: il rispetto del diritto d’asilo (il Moolaadé) e l’antica pratica dell’escissione (la Salindé). Sembra il meccanismo perfetto di una tragedia greca. Ma Moolaadé è un film africano, regista africano, produzione africana. E' stato distribuito e ha ricevuto premi in tutto il mondo. E' il semplice e potentissimo racconto di una voce africana che parla di Africa, donne e pregiudizio. Più dei documenti ufficiali, stilati dalle volonterose organizzazioni umanitarie occidentali, ci mostra la barbarie che mutila i corpi, ma suggerisce che una soluzione va cercata nelle immense risorse sociali di un continente. Africa non è solo fame, disperazione e violenza. E' anche tradizione, valori, intraprendenza e coraggio, ricchezze umane inestinguibili. Con il libro Moolaadé, la forza delle donne a cura di Daniela Colombo e Cristiana Scoppa.
DVD+libro. L’eroismo quotidiano di una donna che decide di ribellarsi alle mutilazioni genitali. Con il libro Moolaadé, la forza delle donne a cura di Daniela Colombo e Cristiana Scoppa.
Nel libro che accompagna il Dvd, curato da Daniela Colombo, presidente e fondatrice di Aidos, Associazione italiana donne per lo sviluppo, organizzazione che dal 1985 si occupa di progetti per la prevenzione delle mutilazioni dei genitali femminili (Mgf) in Africa, e da Cristiana Scoppa, che coordina le attività di comunicazione della stessa associazione, si esplora ciò che sta dietro l’apparente spontaneo movimento di ribellione alle mutilazioni dei genitali femminili che sconvolge il villaggio. Perché quel moto di ribellione non arriva per caso, ma al termine di un cammino iniziato negli anni settanta da alcune pioniere, africane coraggiose e occidentali appassionate, ed estesosi via via a organizzazioni non governative, organizzazioni internazionali quali l’Oms, l’Unfpa e l’Unicef, e poi ai governi di quasi tutti i 28 paesi africani, veicolato in maniera sempre più efficace dai mezzi di comunicazione, la radio in primo luogo. Un cammino che ha seguito diversi approcci, come illustra uno dei saggi di Cristiana Scoppa: dall’informare sui rischi per la salute, che Collé sperimenta sulla propria pelle per cui decide di non far mutilare la figlia, al definire campagne di formazione e comunicazione che puntano invece su un cambiamento dei comportamenti: ecco perché nel film il consiglio degli anziani vede come il fumo negli occhi la radio, al punto da ordinare la requisizione e il rogo di tutti gli apparecchi del villaggio. Un cammino nel quale le donne svolgono un ruolo prioritario, come spiega Nahid Toubia nel suo saggio. Perché le donne continuano a sottoporre le proprie figlie alla pratica, nonostante nessuna madre sia contenta di vedere la figlia soffrire, sofferenza di cui il film da conto? Perché, scrive Toubia, “le donne in Africa usano le Mgf come strumento per ottenere potere. Esse rinunciano ai propri organi sessuali in cambio di accettazione sociale, sopravvivenza materiale,e altre libertà come mobilità, opportunità di scelta, istruzione”.
Ecco perché l’empowerment delle donne è la vera chiave per arrivare alla fine delle Mgf, come intuiscono anche gli uomini nel film, che più volte criticano l’eccessiva libertà di parola e gesti di Collé. Cuore del meccanismo di perpetuazione delle Mgf è il matrimonio, e anche questo il film lo racconta. Nel libro due saggi di Carla Pasquinelli, realizzati per Aidos nell’ambito di una ricerca e campagna di informazione sulle Mgf, chiariscono meglio il ruolo che il prezzo della sposa (l’opposto della dote) ha nel mantenere l’istituto delle Mgf, e come sia importante anche quando si emigra, come raccontano le donne somale e nigeriane intervistate dalla studiosa. I racconti delle donne immigrate, cui il libro da ampio spazio, confermano l’ampiezza dei cambiamenti in corso nel continente africano e non solo. Per tutte e tutti la domanda è: come abbandonare tradizioni nefaste, tipo le Mgf, senza perdere valori positivi della cultura di appartenenza, senza rinunciare alla propria identità, ma piuttosto costruendone una nuova? Una risposta possibile, quella che i governi hanno fatto propria, è proibire la pratica per legge: in Burkina Faso, dove è ambientato il film, è successo nel 1996, in Senegal nel 1999, e sono una ventina ormai i paesi africani con misure legali che vietano le Mgf. Una strada che anche l’Italia ha seguito: la legge è entrata in vigore all’inizio del 2006. Nel suo saggio Laura Katzive, giurista presso il Centro per i diritti riproduttivi di New York, illustra risorse e limiti di un simile approccio, e guida a osservare l’impatto che le diverse misure possono avere, considerate le resistenze al cambiamento di ampi strati della popolazione.
Risposte diverse sono state quelle date da alcune organizzazioni locali, di cui il libro illustra gli interventi: Tostan in Senegal, con le sue “dichiarazioni pubbliche” di abbandono della pratica; Bafrow in Gambia, con i suoi “riti alternativi di passaggio all’età adulta”, in cui si pianta un albero al posto di tagliare il clitoride; Hundee in Etiopia, che usa il diritto consuetudinario degli Oromo per sancire l’abbandono delle Mgf; o Tamwa, l’Associazione delle giornaliste tanzane, che parte da ciò che si dice nella comunità sulle Mgf per costruire efficaci campagne di informazione con la radio come protagonista. Nel film sarà un ultimo fatto drammatico a risolvere verso il lieto fine la storia, e a mostrare come i valori tradizionali, la proverbiale solidarietà africana, sono un contenitore in grado di sostenere anche un cambiamento apparentemente così radicale. Per questo, come scrive Daniela Colombo nell’introduzione, “quando sarà proiettato nei villaggi in Africa e diffuso nelle comunità di immigrati, dove sicuramente provocherà animate discussioni, potrà essere usato come cassa di risonanza e avere una funzione dirompente per l’abbandono della pratica”.
Durata: DVD 117 min + Libro 168 pag
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