RETTE RELAZIONI PER UN PIANETA SANO
di Vincent Claessens
Promuovere le giuste relazioni umane: Il prerequisito per una sana Terra vivente. Da qualche anno, è divenuto abituale sentire che «stiamo andando dritti contro un muro». Le catastrofi climatiche si susseguono: cicloni, inondazioni, incendi di foreste, e siccità in zone una volta coltivabili, hanno conseguenze drammatiche, soprattutto per i popoli più poveri.
L’aria è satura di CO2 nelle megalopoli, gli oceani si scaldano e il livello dei mari che si alza mette in pericolo l’habitat di milioni di esseri umani. Senza parlare del fatto che abbiamo perso in soli 30 anni la metà delle specie viventi del pianeta. Nel tempo che impiegherò a effettuare questo intervento, una specie animale o vegetale sarà scomparsa. Sì! Non possiamo negare l’evidenza: un ciclo di distruzione è all’opera.
Come siamo arrivati a questo punto? Quale è la nostra responsabilità? Cosa possiamo fare per limitare i danni? Quale futuro si profila di fronte a noi?
Per comprendere più chiaramente la trama degli eventi attuali, è necessario guardare indietro e discernere le tappe della storia umana.
Nel Paleolitico, l’essere umano era nomade, un cacciatore-raccoglitore. Viveva in equilibrio con la natura. Cercava il suo nutrimento e non accumulava mai più di ciò di cui aveva bisogno. Migrava su lunghe distanze in base ai cambiamenti stagionali. Il suo mondo non era segmentato dalla proprietà privata. Non c’erano chiusure, frontiere, muri, per limitare il suo movimento e la sua visione.
Era il tempo dello sciamanesimo, la più antica religione del mondo (si dice); il tempo in cui cultura e natura non erano dissociate. L’umano si spostava in piccoli gruppi in un ambiente dal quale non si sentiva separato. Ai suoi occhi, ogni pietra aveva il suo posto nello spazio; ogni pianta aveva il suo segreto e il suo potere, ogni albero era un pilastro vivente e in alcuni casi, un Totem, simbolo dell’asse del mondo.
Poi è venuta la rivoluzione neolitica. Alcuni gruppi si sono stabiliti in un luogo per coltivare un campo e addomesticare del bestiame. Hanno anche inventato gli utensili per raccogliere e trasformare i frutti del loro lavoro. L’architettura in sviluppo ha permesso l’apparizione dei primi villaggi, poi delle città, e infine degli Imperi. In questa espansione tecnica, è apparsa la scrittura, prima come mezzo contabile per stimare i raccolti, poi per stabilire le prime regole e leggi della città. Ciò che oggi chiamiamo la civilizzazione era nata. E con essa, la cultura, le arti, e tutto ciò che fa la ricchezza umana.
Paradossalmente, è anche in quest’epoca della storia che la vita umana fu resa difficile. L’essere umano lavorava duramente nei campi, ma non era mai certo del suo raccolto. La sua speranza di vita era vacillante; la malattia poteva rapidamente propagarsi nelle città a causa della promiscuità. Era il prezzo da pagare per la civilizzazione.
Inoltre, le classi sociali, che si erano formate, avevano tendenza a cristallizzarsi, creando un sentimento di ineguaglianza, di frustrazione e di invidia, terreno propizio ai conflitti e alle rivolte. L’intelligenza umana aveva permesso l’avvento della civilizzazione, e al contempo ne delineava già la fine.
L’avidità di ricchezze, il desiderio di espansione territoriale, l’ambizione smisurata e il potere egoisticamente accaparrato, generarono la loro parte di guerre ripetute, che segnavano a volte società intere.
Tra queste tragedie umane, c’erano dei periodi di pace, di commercio e di scambio di saperi. L’economia di mercato si sviluppava secondo i progetti di una élite aristocratica. Tutto questo sistema si organizzò fino al Medioevo, quando regnarono i re i signori feudali.
Più tardi apparve il periodo fiorente del Rinascimento con il suo genio artistico e le grandi scoperte continentali, ma ancora una volta vi era il rovescio della medaglia, poiché in occasione di queste spedizioni vi furono massacri e saccheggi.
Poi nel diciannovesimo secolo emerse la rivoluzione industriale. E’ in questo momento che l’idea di progresso e di crescita compaiono. Fino ad allora il desiderio umano era stato senza grandi conseguenze, poiché si limitava a una minoranza privilegiata: i re e gli imperatori vivevano in maniera smisurata, mentre il popolo doveva accontentarsi di una vita austera. Il ventesimo secolo avrebbe cambiato le cose.
A partire dal 1900, l’industrializzazione crescente ha permesso di nutrire milioni di individui e soprattutto di occuparl, poiché il lavoro operaio era divenuto la regola. Siamo passati dal lavoro agricolo alla catena di montaggio delle fabbriche. I nuovi signori del mondo non erano più i re, bensì i grandi padroni industriali.
La produzione di massa ha permesso di nutrire milioni di individui e il progresso della medicina ha permesso di diminuire il tasso di mortalità. La demografia è dunque esplosa. Siamo passati da un miliardo di esseri umani nel 1800 ai 7 miliardi di oggi. Questo non si è mai visto prima nella storia e spiega in parte l’ampiezza dei nostri problemi. Ho detto “in parte” poiché sappiamo molto bene che il budget speso per l’armamento sarebbe sufficiente a mettere fine alla malnutrizione nei paesi più poveri. Vi è dunque una questione politica dietro le disuguaglianze. Cosa rende tanto profonde le disuguaglianze oggi? Cosa si oppone alle giuste relazioni umane?
Riprendiamo il filo della nostra storia a partire dal dopoguerra, periodo che a cui guardiamo oggi come «i gloriosi 30». Gli anni 50 e 60 hanno permesso in occidente un accesso al consumo di massa; periodo di crescita, di abbondanza e spensieratezza, tutti cullati dal sogno del comfort materiale e delle nuove tecnologie…
Sono nato nel 1975. La mia infanzia è stata segnata dagli anni 80, un decennio nel quale il miraggio del consumo era ancora molto vivo. Mi ricordo delle trasmissioni televisive intervallate da spot pubblicitari che guardavamo per divertirci. Eh sì! Lo trovavamo divertente, addirittura comico. Più tardi ho anche fatto degli studi di comunicazione, con specializzazione in marketing pubblicitario. Ero stato soggiogato dalla creatività mediatica e spettacolare della pubblicità degli anni 80. Durante i miei studi, cominciavo a percepirne i meccanismi, la manipolazione, il sottile condizionamento. E’ stato una volta dopo aver avuto il mio diploma in mano, che ho realizzato che non volevo prostituire la mia immaginazione e la mia creatività a fini di mercato.
E’ la stessa presa di coscienza che anima quei giovani rivoluzionari alla fine degli anni 60, opposti a questo consumismo il cui unico Dio è il denaro; le cui chiese sono i centri commerciali; i cui cardinali sono i finanziatori che creano i meccanismi ultra-capitalisti che generano profitti esponenziali. Questa tendenza a “volere sempre di più” senza essere realmente soddisfatti, dovrebbe essere chiaramente identificata come una malattia mentale; il “cancro psichico” della nostra epoca.
Il movimento di rivolta alla società di consumo si è rianimato con i movimenti alter-mondialisti, che manifestano in occasione dei forum economici mondiali. Si esprime a volte in maniera violenta di fronte ai simboli del capitalismo, Ma in questo confronto contro i pilastri del sistema, non vi è un grido per una società più giusta, più umana, e una ripartizione più equa delle risorse?
Negli anni 90 è apparso in Francia il movimento per l’occupazione degli stabili pubblici al fine di dare un tetto a coloro che non ne hanno uno. Albert Jacquard, scienziato e umanista francese, faceva parte di questo movimento cittadino. Mi ricordo di aver letto il suo libro intitolato Le souci des pauvres (La preoccupazione dei poveri) nel quale prevedeva i movimenti migratori che conosciamo oggi. Non era una profezia. Lo aveva semplicemente previsto sulla base delle statistiche demografiche, delle ineguaglianze economiche tra l’Europa e l’Africa e dell’abbandono dei paesi poveri da parte di quelli ricchi. Tutti questi fattori avrebbero generato delle migrazioni di massa verso l’Europa.
Era un avvertimento, affinché l’Europa si svegliasse e sostenesse realmente l’Africa collaborando equamente a livello economico. Purtroppo, però l’equità non fa parte delle leggi economiche. Viene innanzi tutto la legge del profitto, e la legge del più forte. Sul mercato della borsa, quando una banca mostra qualche segno di debolezza viene immediatamente attaccata. Il fallimento degli uni è il profitto degli altri.
La crisi finanziaria del 2008 ha provocato un primo guizzo di lucidità che ci fa vedere due dimensioni: quella dei valori reali basati sui veri prodotti di mercato, e la dimensione speculativa, e totalmente virtuale, dei valori artificialmente creati fondati su informazioni false. Per descrivere queste illusioni, l’immagine di “bolla speculativa” è molto pertinente.
Dieci anni dopo, cosa è cambiato? Poco, solo alcune regolamentazioni. I subprimes sono tornati negli Stati Uniti. Ormai, li si chiama “prestiti alternativi”. La stessa élite finanziaria continua ad arricchirsi e lo scarto tra ricchi e poveri si ingrandisce.
In breve, le disuguaglianze perdurano. Il mito della crescita economica e dell’individualismo edonista non è morto. Continuiamo a scalare la torre di Babele moderna, a desiderare e a sfiorare oggetti agognati. Coloro che giungono in cima a questa torre credono di aver vinto, “aver avuto successo nelle loro vite”, ma perdono l’essenziale. Si perdono, e sovente la caduta è più rapida della salita. Questa torre della dismisura dove tutto è privatizzato, individualizzato, ed esclusivo, struttura l’disuguaglianza degli esseri umani davanti alle risorse essenziali.
Se insisto sulle disuguaglianze economiche, è perché esse sono il sintomo rivelatore della crisi globale. Sono l’ostacolo maggiore all’introduzione delle giuste relazioni umane. La causa principale è il desiderio egoista, l’avidità materialista smisurata. Il problema, già prevedibile considerate le conseguenze del disordine climatico, è che le popolazioni più povere del pianeta sono quelle che pagheranno il prezzo più alto. I ricchi avranno mezzi materiali per imitare i danni e per preservarsi un minimo di comfort.
In quanto popolazioni materialmente privilegiate, abbiamo dunque il dovere di cambiare comportamento, di essere leaders della transizione eco-energetica, e di imparare a vivere come cittadini responsabili in una sobrietà felice. Questa espressione di Pierre Rabhi definisce un nuovo modello di società fondata sulla semplicità volontaria. Questo modo di vivere consiste nel ridurre volontariamente i nostri consumi. E’ un modello di decrescita che fa discutere, anche tra gli ecologisti alcuni lo trovano troppo radicale. Eppure, vista la limitazione di risorse, dobbiamo ragionevolmente applicarlo fino a un punto di equilibrio nel quale la rigenerazione naturale sarà in armonia con il consumo globale.
Il punto di equilibrio corrisponde allo stato di soddisfazione nel quale una reale felicità sostenibile è possibile. La soddisfazione “si basa sul riconoscimento delle leggi che reggono la vita, e innanzitutto la legge del karma”. Fino ad oggi abbiamo ignorato le conseguenze dei nostri atti. Abbiamo vampirizzato il pianeta utilizzando in maniera esagerata le sue risorse. Ora, per avere il diritto di prendere, bisogna dare. Gli indiani d’America avevano integrato questo principio: non abbattevano mai un albero o non uccidevano mai un animale senza fare un dono spirituale a Madre Terra.
Ritrovare l’equilibrio spezzato impone ai paesi sviluppati un cambiamento radicale del loro stile di vita e di consumo. Fino ad oggi, il concetto di decrescita non ha presa nei programmi politici. Continuiamo a valutare ogni paese in base alla crescita del Prodotto Interno Lordo (quantitativo) e non secondo la Felicità Nazionale Lorda che riflette la qualità della vita della sua popolazione.
Non voglio drammatizzare, né suscitare disperazione. Non sono i nostri sentimenti che offriranno una soluzione. Roberto Assagioli, il precursore della psicologia transpersonale, ha detto questa frase che colpisce: “non dovete seguire i vostri sentimenti, sono essi che devono seguire voi”. Questo mi ha fatto riflettere, io che a volte soccombo alla disperazione. D’un tratto, mi sono detto: è la volontà che deve guidarci. La volontà può mettere in moto l’energia dei sentimenti nella direzione scelta. In quanto energia dinamica dell’anima, la volontà può portarci a realizzare il nostro disegno fondato su una visione fraterna dell’umanità. Sarà allora che la competizione lascerà il posto alla collaborazione, e la condivisione cancellerà ogni atteggiamento egoistico.
Infatti, la fratellanza supera le relazioni tra esseri umani. E’ una legge spirituale. Ingloba la relazione tra i diversi regni e implica la nostra responsabilità nei confronti del pianeta e della miriade delle sue vite. Non si tratta di tornare allo stile di vita del Paleolitico. Tuttavia, possiamo riconnetterci a questa visione animista che fa parte della nostra eredità ancestrale. Diciamo pure che percepire ogni cosa come unita, vivente, interconnessa e dinamicizzata dalla luce è un istinto dell’anima. Le nostre capacità mentali possono oggi elevarsi per fondersi con l’intuizione, e il cuore può collaborare armoniosamente con la testa. Le risorse naturali sono limitate, ma la nostra intelligenza creatrice è illimitata. Allora perché non utilizzarla nel senso dell’armonia?
Da una quarantina di anni, una nuova visione emerge in tutti i campi dell’attività umana, creando ponti tra scienza e spiritualità. Questa visione al contempo scientifica, mistica, creatrice, umanista, ecologica, universale è affermata da pionieri che. a loro modo, testimoniano di un’energia fondamentale che ci unisce e sottolineano la nostra interdipendenza intrinseca.
Interiormente, siamo tutti degli alberi della vita su un pianeta vibrante, scintillante di varietà e meravigliosamente bello. Dobbiamo riconnetterci alle nostre radici profonde così da essere meglio ancorati nella vita reale per riconciliare Natura e Cultura. Abbiamo vissuto abbastanza a lungo come degli “sradicati”. Abbiamo bisogno di una visione fondata sull’ecologia spirituale.
È necessario apportare luce e armonia in noi stessi. Si tratta dunque di riorientare i nostri desideri, altrimenti (ci) causeremo ancora più sofferenza. Da questa “ecologia interiore” nascerà un modello ambientale vivibile e sostenibile.
L’energia vitale proveniente dal sole nutre la Terra. Questo Raggio potente è come un “cordone ombelicale” che lega la Terra alla matrice del sistema solare. Il nostro pianeta è in gestazione nel corso di un lungo ciclo alla fine del quale sarà divenuto un pianeta sacro.
In quanto esseri umani, siamo cellule attive del pianeta. Possiamo scegliere di partecipare a questa creazione. In quest’opera spirituale, dobbiamo percorrere il cordone ombelicale, ovvero allinearci alla luce creatrice.
Come il bimbo nella matrice di sua madre ha bisogno di essere orientato correttamente prima della nascita, così il pianeta e l’umanità subiscono attualmente un riorientamento. Questi aggiustamenti sono visibili nelle tensioni multiple vissute a livello planetario in tutti i regni. La sofferenza è creata dalle numerose resistenze ai cambiamenti necessari prima della nuova nascita.
L’umanità che rifiuta un cambiamento di paradigma sfrutta ancora l’ambiente naturale ad oltranza, senza rispetto e senza la responsabilità che nasce da un atteggiamento cosciente. Ciò che ne risulta è un’atmosfera tossica che asfissia gli esseri viventi e li uccide lentamente. Sappiamo che il feto che rifiutasse di lasciare il suo mondo confortevole oltre i nove mesi, corre il rischio di asfissia poiché il rigetto dei suoi scarti nella placenta rende tossico il suo ambiente. Ciò ci mostra che i cambiamenti di comportamento devono imperativamente avere luogo in un lasso di tempo definito, che non dipende dai nostri desideri ma da un disegno superiore.
Ciò che ostruisce la nuova nascita, è l’inerzia, l’attaccamento al passato e la paura dell’ignoto, di ciò che avverrà se tagliamo i vecchi legami.
Se l’umanità accetta pienamente di vivere la sua nascita a un nuovo mondo, a una nuova Era e a una nuova Terra, può ritrovare se stessa, come il neonato, in una situazione piena di fragilità, ma così ricca di potenziale e di creatività.
Tramite la nostra immaginazione creatrice possiamo
costruire il nuovo mondo e farne una realtà nel presente!
Vincent Claessens
Ginevra, 30-09-2018
Forum della Buona Volonta' Mondiale
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