di Paola De Paolis
“Quando l’oscurità si farà più profonda / soffocando il petto della terra / e la mente corporea dell’uomo sarà l’unica lampada accesa … “ (Savitri, p. 55)
Inizia così una delle tante profezie contenute in Savitri – Leggenda e Simbolo (ed. Mediterranee), il capolavoro poetico di Sri Aurobindo, poema ineguagliato, per altezza o profondità di visione, ispirazione e resa poetica, in tutta la letteratura mondiale (non c’è niente di analogo nel mondo intero, affermava Mère, la continuatrice del lavoro pionieristico di Sri Aurobindo): 24.000 versi in cui troviamo tutta la nostra storia, quella vera, quella che gli annali non riportano: passata, presente e futura. Oggi, è la storia di un’umanità che non ha ancora trovato se stessa, perché per quel ritrovamento occorre distogliersi dai fuochi d’artificio esteriori che bombardano incessantemente menti incapaci di fare silenzio e quindi ipnotizzate da tutti i film percepibili dai sensi…
La meta indietreggia, una vastità senza limite chiama / ritirandosi in un immenso Ignoto; / … / non c’è riposo per l’anima incarnata. / … / finché non ha trovato se stesso, l’uomo non può fermarsi. (Savitri, p. 339)
Un provvidenziale invito a fermarsi, ora, quest’emergenza, come per chiederci: “Sei pronto? A che punto sei?”. Un’occasione formidabile, un test, per rilevare proprio tutta la nostra resistenza a guardarci dentro, in un momento della storia umana in cui la coscienza mentale, la parte maschile dell’essere umano che finora è stata alla guida, non trova più carte da giocare e comincia a intuire la propria inadeguatezza a risolvere i problemi da lei stessa creati. E’ chiaro che la Mente non è stata capace di cambiare radicalmente la natura umana. Potete continuare a cambiare le istituzioni umane all’infinito, ma l’imperfezione penetrerà attraverso tutte le vostre istituzioni, scriveva Sri Aurobindo nel 1915. La fine di uno stadio d’evoluzione è di solito caratterizzata da una recrudescenza di tutto ciò che deve uscire dall’evoluzione, (Sri Aurobindo, India’s Rebirth, p. 211 e 246).
Le difficoltà sono generali, scriveva il Poeta in una lettera del 1947. Dubbio, scoraggiamento, diminuzione o perdita della fede, diminuzione dell’entusiasmo vitale per l’ideale, perplessità e frustrazione della speranza per il futuro (…), un aumento generale del cinismo, un rifiuto di credere in qualsiasi cosa, un calo dell’onestà, una corruzione immensa, una preoccupazione per il cibo, il denaro, il comfort, il piacere, con l’esclusione delle cose superiori e una generale aspettazione del peggio (…) Tutto ciò, per quanto acuto, è un fenomeno temporaneo per il quale coloro che conoscono qualcosa delle operazioni dell’energia cosmica e le operazioni dello Spirito erano preparati. Io stesso previdi che questo peggio sarebbe venuto, la tenebra della notte prima dell’aurora; perciò non sono scoraggiato. So che cosa si sta preparando dietro l’oscurità e posso vedere e sentire i primi segni della sua venuta. (On Himself, SABCL 26, p. 169 e sg.)
L’Intelligenza suprema (o universale, il Divino, se volete) organizza tutto infallibilmente; tutto è perfetto, anche se l’uomo non se ne rende conto (il suo sé umano, come un manto translucido, / copriva l’Onnisciente che guida il mondo che non vede. Savitri, p. 22). Ma ormai lo sappiamo: se non vogliamo affrontare un’incoscienza che è dentro di noi, questa ci verrà presentata dalle circostanze, come uno specchio, e puo’ travolgerci con la paura e il dolore: Il dolore è il martello degli dei / per spezzare una resistenza accanita nel cuore dell’uomo (Savitri, p. 443). Ce lo dice da tanto anche la fisica quantistica: siamo noi a creare la nostra realtà! E’ assodato. (Episodio d’un racconto obliato, / l’inizio perduto, il tema e la trama nascosti, / una storia un tempo viva ha preparato e creato / il nostro attuale destino, figlio di trascorse energie. Savitri, p. 12).
E se questa ‘realtà’ che abbiamo creato con la somma collettiva delle nostre incoscienze non ci sta bene, ecco che ci proiettiamo subito irresistibilmente all’esterno, per abitudine, alla ricerca dei colpevoli. Ma quando puntiamo il dito contro qualcuno o qualcosa non siamo nella vera coscienza, diceva Mère. Vedi, l’errore generale, è quello di credere che si debba cominciare dall’esteriorità e poi raggiungere l’interiorità. Non è così. Si deve iniziare dalla parte interiore e poi raggiungere la parte esteriore, quando si è pronti dentro di sé. (Conversazioni, 26 sett. 1956) Continua...