Il mondo va male non a causa di coloro che fanno del male
ma a causa di coloro che sanno e lasciano fare!! 
Albert Einstein

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
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Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
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POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
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I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
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PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
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CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
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MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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ENTROPIA SOCIOISTITUZIONALE
FISICA E BIOLOGICA



di Aldo Sacchetti

Se vogliamo meglio comprendere il perché della destrutturazione dei rapporti umani e istituzionali nella società energetica, è necessario fare capo al concetto di “entropia” che, inteso in termini di organizzazione, indica una tendenza universale alla degradazione strutturale, perdita di differenziazioni, dispersione e livellamento. (1).
L’uomo, essere culturale, registra la potenzialità strutturante e organizzativa dell’informazione, ma pure gli effetti destrutturanti che collegano, in modo ormai reciproco, entropia informativo-culturale, entropia sociale e (si dirà tra breve) anche fisica e biologica.
Alla cresciuta disponibilità di energia asistemica e di “lavoro motore” consegue, oltre a una maggiore mobilità fisica delle persone, uno sviluppo esponenziale delle comunicazioni e dei rapporti sociali. Il che produce aumento dei margini di accidentalità, dissolvenza delle linee di separazione, mescolamento etcnico-sociale, uniformazione culturale.
L’energia asistemica, ottenuta mediante trasformatori non biologici, non dà impulso soltanto alla produzione materiale: ha risultati indiretti di stimolazione psicologica, di moltiplicazione dei bisogni, rivendicazione e contestazione del limiti, sfaldamento degli ordini costituiti. La società dello sviluppo, ancorché sempre più vincolante nelle interdipendenze funzionali, è, con riferimento ai legami etico-sociali, una società dissolutoria. Alla sua strutturazione genericamente (e, di solito, velleitariamente) organizzativa corrisponde una destrutturazione bio-etico-culturale.

La velocità del cambiamento socio-culturale, con tutto quanto ne deriva nei modelli di condotta e nelle mete individuali, è in rapporto con l’impiego sociale di energia fisica: le società “fredde”, la cui economia e cultura si legano agli immutabili cicli naturali e a uno scarso impiego di energia sono pressoché statiche; (2) quelle sostenute da una immissione super-naturale di energia sono dinamiche e “calde”, caratterizzate da obsolescenza non solo tecnologica, ma delle regole in genere e del costume in particolare.
Nelle prime la stabilità socio-istituzionale non è un problema: la restaurazione dell’ordine è ottenuta con metodi elementari.L’ordine è invece “il” problema della società sviluppata, e non solo perché essa produce un’enorme quantità di detriti sociali (oltre che di rifiuti materiali) e tassi sempre maggiori di trasgressività e devianza, ma anche perché, mentre l’apparato produttivo si espande e complessifica, l’apparato normativo istituzionale, nel complicarsi, tende alla ineffettualità. Il disordine comportamentale si diffonde proporzionalmente al grado di dissipazione energetica.

Tipico del sistema culturale (e in particolare del sistema istituzionale) è porsi e valere in quanto “forma”, ossia campo informativo-organizzativo capace di influenzare i comportamenti umani per via non dinamica. (3) L’energia attiva i sistemi informativi, ma essi non sono fatti di energia, né trasmettono energia, bensì segni, forme, idee, valori. E come l’indeterminatezza (entropia) del messaggio (4) nuoce alla funzionalità del sistema informativo, così ne patisce l’effettualità del sistema etico-giuridico-istituzionale.

L’accelerata dinamica della società aggiunge all’eterno “problema delle incertezze”, gravante su ogni forma di conoscenza umana, (5) un fattore confusivo insito nel variare dei comportamenti e dei messaggi. E ciò perché l’intreccio informativo sottostà a tre ordini di distorsione, legati alla inevitabile soggettività della comunicazione umana.
Il primo è determinato dall’assuefazione dei riceventi ai segnali di valore e disvalore. Il moltiplicarsi di precetti e divieti attiva nella sfera dei valori processi di tipo inflazionistico, lo svilimento dei simboli conseguendo all’aumento del medio circolante simbolico.
Il secondo è determinato dal fatto che, mentre la produzione delle regole e delle forme, derivando direttamente dalla dinamica materiale e sociale, prescinde dalla capacità ricettiva e critica dei singoli individui, in questi l’attenzione, la memoria e la capacità di coerente elaborazione die messaggi è limitata. Sicché regole e forme vengono dimenticate, ignorate, disapplicate.
Il terzo è determinato dall’aumento di ambiguità dei messaggi man mano che il sistema comunicativo si complessifica. Crescono le ridondanze, le ambivalenze, le contraddizioni. Il fatto che la società complessa immetta il medesimo soggetto in una molteplicità di campi di interesse e di appartenenza, e che sovente nello stesso campo si formino parti che usano un identico codice di comunicazione con sottintesi diversi, comporta messaggi sempre meno univoci. La chiarezza della ricezione dipende notevolmente dal grado di omogeneità degli schemi di riferimento dei soggetti coinvolti nella comunicazione. E dall’esistenza o no di opposizioni inconsce alla ricezione. (6)

Il risultato è che, nell’applicazione pratica dei comandi, l’equilibrio fra limiti medi soggettivi dei riceventi e input informativo tende a ristabilirsi lungo linee casuali di vanificazione dei messaggi formali, costituite da incomprensione, tecniche psicologiche di neutralizzazione del comando, obliterazione mnemonica, desuetudine e prassi abrogative. E questo mentre il crescere del moto generale e la ridondanza dei messaggi fanno aumentare il disordine informativo. (7)
< La perdita o la confusione del messaggio diviene massima nel campo giuridico, che dovrebbe essere codicistico per definizione. L’approssimativa redazione dei testi legislativi, lo scarso coordinamento, la congerie sterminata delle disposizioni rendono difficile ricavare il precetto vigente allo stesso operatore specializzato.
La legge, che deve valere per tutti, dovrebbe per contro essere chiara e tendere alla certezza del diritto. Se il messaggio normativo si fa ambiguo è il diritto vivente a degradare. Se il messaggio educativo diviene ammiccante la funzione pedagogica fallisce. Se la permissività si diffonde nel costume e l’arte del compromesso prevale sulle distinzioni, aumenta l’entropia nell’intera comunicazione sociale, si scalza l’autorità, si delegittimano le istituzioni, cresce il disordine.

Quello culturale e quello normativo in ispecie devono necessariamente essere sistemi aperti. (8) Modellati dal pensiero-parola, essi sganciano i comportamenti umani dal sistema praticamente chiuso (vincolato) degli istinti ed elaborano codici d’informazione non strettamente segnica, bensì contenutistica e connotativa. Il linguaggio umano, sistema aperto alle forme inventive, evoca immagini, pensieri, sentimenti, aspettative, servendosi non solo di sintassi, punteggiatura, enfasi, inflessioni e paralinguaggi vocali, ma della capacità innovativa dei neologismi e degli stessi errori espressivi. Ottiene plasticità da sfumature e mezzi toni. Per cui l’ambiguità, che nell’informazione segnica dei sistemi chiusi è entropia, nella comunicazione umana riesce a rappresentare l’ambivalenza del reale, specie del reale soggettivo, massimamente nella manifestazione affettiva ed artistica.
Insomma, il differenziarsi dell’uomo dagli animali, la sua evoluzione culturale, sono funzioni della particolare apertura del codice di comunicazione. Ciò che negli schemi deterministici è negativo, l’incertezza, diviene qui potenzialità, fantasia (cioè apertura alle soluzioni alternative), poetica.
Se non che doti siffatte non servono al mantenimento dell’ordine sociale. Le popolazioni meridionali, di indole più calda aperta e fantasiosa, non per caso sono le più indisciplinate. I loro messaggi sono più ridondanti. L’ambiguità è un modo di tenersi aperte alternative individualistiche.
L’apertura del sistema culturale è la condizione del suo divenire, ma a prezzo della metastabilità del sistema informativo. L’apertura, insomma, è sì il mezzo di adattamento del sistema culturale alla realtà esterna, il presupposto del dominio della cultura sugli istinti e del sorgere della libertà, ma anche, inevitabile rovescio della medaglia, la causa che espone il sistema informativo al continuo risalire della propria entropia.
“In un sistema complesso metastabile l’evoluzione è sempre possibile, ma mai garantita. L’alternativa è sempre la decomposizione, lo sprofondamento nell’anarchia” – scrive Laszlo, “Solo una costante riaffermazione della regola (cioè una tensione critica diretta a mantenere la coerenza del sistema) può conservare il necessario livello di ordine distintivo nel sistema della comunicazione sociale. Il che è tanto intuibile che Luhmann lo teorizza addirittura chiuso (costituito da rigidi codici binari di comunicazione, autopoietico e autoreferenziale), per indicare nella “differenziazione funzionale” dei sottosistemi sociali il processo adattivo-evolutivo proprio dell’umanità. (10)
Ma egli avverte che uno sbilanciamento interno può determinarsi fra i diversi livelli di sviluppo dei sottosistemi funzionali. E che, unendosi alla perdita di un centro valoriale e alla crescita delle differenziazioni, tale sbilanciamento può causare “ipercomplessità sistemica” e pericolo di uscire dall’improbabile stato evolutivo selezionatosi.
Quantunque convinto della chiusura del sistema comunicativo e teorico della “società complessa”, anche Luhmann, dunque, vede questa società a rischio di ricadere, forzando l’equilibrio dinamico, verso quello entropico.

E’ l’intero sistema biologico, in verità, a soffrire gli effetti imprevedibili delle dissipazioni chemioenergetiche tecnologiche cui in ogni ambito è esposto. Ciò è sfuggito e sfugge alla scienza classica, priva dei concetti di organizzazione coerente e di dispersione: la sua vocazione a circoscrivere il campo e l’”oggetto” dell’indagine sperimentale la induceva a immaginare chiusure che in realtà non sono la norma nella biosfera,
Nel mondo naturale in cui siamo integrati incontriamo piuttosto una interdipendenza di sistemi che scambiano tra loro e con l’ambiente esterno energia, materia e, se viventi, anche informazione. Sistemi in cui diviene quindi possibile (senza violare il secondo principio della termodinamica) il formarsi di strutture ordinate grazie a trasferimenti energetici o chemioenergetici attraverso i loro confini. Ma l’importazione di neghentropia (ordine) all’interno del sistema costa aumento di entropia (disordine) all’esterno. (11)
Riservandoci di illustrare gli effetti fisici di retroazione del disordine ecosistemico sugli organismi biologici, preme qui rilevare che, tra i sistemi termodinamici, quelli vincolati a rimanere lontani dall’equilibrio entropico, come le “strutture dissipative” studiate da Prigogine, sono instabili e imprevedibili in maniera caratteristica. Essi attraversano fasi “quasi deterministiche” di stabilità dinamica (o stazionarietà), e fasi intrinsecamente indeterminate corrispondenti ai punti critici di transizione. (12)

I sistemi viventi, dal punto di vista termodinamico, sono sistemi complessi in permanente stato di non equilibrio, costituiti da una rete di interazioni micro e macroscopiche altamente coordinate nel tempo e nello spazio. Vincolati a un flusso chemio-energetico-informativo esogeno, sono continuamente esposti a perturbazioni fisiche e chimiche imprevedibili. Tuttavia, in modo del tutto originale rispetto alle strutture dissipative abiotiche, essi, quando superano i limiti della propria oscillante omeostasi, possono (se ancora in grado di realizzare equilibri di coerenza dinamica alternativa) “tirarsi fuori dagli stati caotici” (13) ed evolvere verso un nuovo regime ordinato. La selezione della nuova omeostasi non è però predeterminabile: nei punti critici di biforcazione, in cui le diramazioni evolutive potenziali sono molteplici, non è possibile prevedere verso quali equilibri e correlazioni interne il sistema andrà dinamicamente ad assestarsi. Se invece un’adeguata coerenza interna del sistema non può più essere mantenuta, la degradazione diventa inevitabile.

Sia i processi evolutivi, sia gli involutivi prendono il largo da una serie di biforcazioni senza ritorno, i primi andando nel senso d’una coerenza riorganizzativa, i secondi verso la destrutturazione entropica. L’idea di storia che Prigogine introduce fin dal livello delle strutture dissipative, è aspetto essenziale della teoria biologica, come dialettica tra condizioni necessarie (il grado di coerenza irrinunciabile per la continuità del sistema) ed elementi aleatori (le perturbazioni esogene).
Ma né la fisica, né alcuna teoria dell’organizzazione permettono di spiegare in modo esaustivo la dinamica del sistema biologico, riuscito a conservare per miliardi di anni la propria neghentropia interna e, nello stesso tempo, a non creare disordine sulla terra, facendo anzi dell’anonimo spazio fisico-chimico una biosfera coerente, il cui ordine microscopico dinamico si proietta fino alla fascia stratosferica di ozono.
Mentre tutti i sistemi dinamici instabili, comprese le strutture dissipative, tendono a decadere in modo irreversibile dal proprio stato, la vita resiste attivamente all’attrazione caotica, manifestando una forza antientropica espansiva capace di interagire positivamente con l’ambiente. Legata alla termodinamica di non equilibrio, ne mutua i caratteri dell’indeterminismo probabilistico e dell’irreversibilità, cioè il caso e il tempo come elementi interni alla propria fenomenologia, ma componendoli in un ordine dotato di un “senso”: contrapporre al caso un’organizzazione genetica e funzionale, all’irreversibilità del tempo la replicazione evolutiva. Il fortuito vi rimane, elemento essenziale del divenire creativo, ma assorbito nel superiore equilibrio della biosfera. (14)

Grazie a una fonte energetica esterna al pianeta e a un’informazione immanente, riciclando all’infinito quella trentina di elementi chimici di cui necessita, “la vita si è potuta evolvere e differenziare in un’organizzazione crescente e perfetta. (15) La quale però mal sopporta immissioni incompatibili con i propri vincoli omeostatici: in biologia non esiste variabile fisiologica che non abbia un valore ottimale, sia pure inscritto entro limiti più o meno elastici, oltre i quali (si tratti di energie o di sostanze, di rapporti, processi, strutture) si entra nella patologia.
I sistemi viventi, pur nella propria complessità conservativo-evolutiva, ripetono la dinamica non lineare delle “strutture dissipative”: la loro ordinata stazionarietà, costantemente metastabile, va in crisi allorché le fluttuazioni chemioenergetiche superano date soglie. Soglie esse stesse dinamiche, entrando in un gioco ove l’equilibrio flussi-soglie-struttura è selettivo e legato a un intreccio di compensazioni interattive.

La vita (come meglio vedremo) non è soltanto un processo termodinamico: è altresì informativo e altamente cognitivo. In essa la dimensione macroscopica della termodinamica chimica di non equilibrio si integra con processi più sottili, informativi, formativi, selettivi, vincolati alla necessità di conservare le specifiche coerenze a corto e a lungo raggio e il loro continuo adeguamento alle condizioni ambientali. Per cui sotto il profilo eco-biologico l’entropia acquista una veste specifica: esprime “il grado di disinformazione e di incoerenza (interna ed esterna) della struttura vivente (dalle cellule alla biosfera), nel senso letterale di forma e connessioni disorganizzate, messaggi fisiologici distorti o perduti". (16) La nozione di entropia entra cioè nel cuore dell’organizzazione vivente quale controfigura onnipresente del principio d’ordine. Ma alla scienza restano inaccessibili i punti cruciali del processo biogenesico, sfuggenti alla probabilità fisica nel passaggio dai flussi alla “forma”, dall’abiotico al vivente, dalla natura alla cultura. (17)

Relazione dell’Ing. Aldo Sacchetti al Convegno organizzato dai Verdi di Firenze febbraio 1999.

NOTE
(1) Il termine “entropia” fu coniato da Clausius (1865) per indicare la misura di indisponibilità dell’energia degradata in forma termica a riconvertirsi in lavoro. Termine che, con Boltzmann (1877), divenne misura statistica del disordine molecolare all’interno di un sistema, assumendo infine – alla metà del nostro secolo – il significato di indicatore del naturale processo di degradazione di ogni struttura organizzativa (cr. E. Morin, La Methode. 1. La Nature de la nature, Editions du Seuil, Paris, 1977 – Il Metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Feltrinelli, Milano, 1983, pp. 89-90). Il principio entropico della disorganizzazione si coniuga dialetticamente con quello morfogenetico, che ha prodotto l’organizzazione dell’universo partendo da un’origine esplosiva e dispersiva (ivi p. 54 e segg.). Nella fisica (anche della superficie terrestre) gli aspetti fondamentali dell’entropia sono quelli della disintegrazione e dispersione: l’attrito provoca non solo dissipazione di energia ma anche di materia (macro e soprattutto microscopica). E’ per questo motivo che si degradano sia le rocce, sia tutte le cose costruite dall’uomo.
Nell’ambito culturale, immateriale, gli effetti entropici colpiscono l’organizzazione del pensiero, le relazioni e i comportamenti umani, producendo perdita di discriminazione, confusione, omologazione, perché ogni organizzazione “ha bisogno di principi d’ordine che intervengano attraverso le interazioni che la costituiscono” (Morin, cit. p. 72).

(2) C. Lévi-Strauss, in Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino, 1967, p. 78, ha parlato di società “fredde” alludendo a quelle che, prive all’interno di scarti differenziali di potere, ancorate a un modesto livello di vita (connesso a un modesto sfruttamento delle risorse naturali), non producono divenire storico, perseverando nel proprio essere. E ha posto l’accento sul rapporto fra struttura sociale e dinamica culturale della società. Se non che a noi interessa qui sottolineare i rapporti fra il crescere della “temperatura storica” della società, dovuto all’aumento di dissipazione energetica, e il crescere del disordine socio-culturale.
La diagnosi strutturalista di Lévi-Strauss coincide con quella termodinamica nell’identificare le “società fredde” (strutturalmente indifferenziate e legate alle fonti energetiche primitive), ma la contraddice nel definire “calde”, in quanto fortemente differenziate, società (come quella schiavista) che, dal punto di vista delle trasformazioni energetiche, si differenziano poco dalle fredde. E’ quindi un approccio che non giova a conoscere la causa per cui la nostra società stratificata manifesta una dinamica estremamente più intensa di quella schiavista. La struttura sociale non basta a dare conto del moto interno alla società. Non l’ottica strutturalista pertanto, ma l’ottica fisico-biologico-informativa può farci intendere la particolare metastabilità di questa società, “calda” in tutti i sensi, che si riconosce nello sviluppo.

(3) Circa l’influenza del campo informativo (“campo morfoforetico”) sulla fenomenologia in generale, e una ipotesi informazionale “cosmologica”, cfr. E. Laszlo, L’ipotesi del campo …… Fisica e metafisica dell’evoluzione, Lubrina, Bergamo, 1987.

(4) Nella teoria della comunicazione, “entropia” indica il grado di incertezza dell’informazione, conteggiabile secondo le operazioni necessarie a identificare con precisione un dato messaggio (calcolo del costo logico dell’identificazione). (C.E. Shannon e Weaver, The Matematical of Communication, University of Illinois Press, Urbana, 1949). Conto possibile, però, solo nei sistemi artificiali di informazione, basati su un ordine chiuso di segni convenzionali di tipo matematico. Questi sistemi, puramente denotativi e assolutamente univoci, permettono di aumentare l’informazione selettiva di una unità d’informazione a ogni decisione binaria. Essi corrispondono alle esigenze della comunicazione tecnologica, che deve ritagliare e bloccare, mediante la chiusura e la statica del proprio linguaggio, la fluttuante indeterminatezza del linguaggio umano naturale.

(5) Cfr., sulle “relazioni d’incertezza”, E. Morin, La methode, III. La connaissance de la connaissance, Eidtions du Seuil, Paris, 1986 (La conoscenza della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1989, p. 249).

(6) J. Parry, The Psychology of Human Communication, University Press, London, 1967 (Psicologia della comunicazione umana, Armando, Roma, 1973, p. 135).

(7) Nella società telematica i cittadini, investiti da una soverchiante massa di stimoli e dati contraddittori, sono spinti, se non in grado di filtrare e organizzare criticamente l’informazione, verso la destrutturazione culturale.

(8) I sistemi di comunicazione semantica, avendo bisogno di ammettere creatività ed evoluzione per assicurare l’adattamento di mutevoli condizioni ambientali, operano analogicamente, in modo connotativo e in base a codici aperti. La teoria generale dei sistemi fu concepita nel 1956 da un biologo, Ludwig von Bertalanffy, che sviluppò appunto la fondamentale distinzione fra sistema chiuso e aperto (General Systems Theory. Essays on its Foundation and Development, Braziller, New York; tr. it. Teoria generale dei sistemi, ILI, Milano, 1968).

(9) E. Laszlo, L’evoluzione della complessità e l’ordine mondiale contemporaneo, ne La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1985, p. 395.

(10) Cfr. N. Luhmann, Oekologische Kommunikation. Kann die moderne Gesellschaft sich auf oecologische Gefahrdungen einstellen? Westdeutscher Verlag, Gmbh, Opladen, 1986 (Comunicazione ecologica, Angeli, Milano, 1990). Il sistema luhmaniano della comunicazione sociale, che si sviluppa solo nel senso della differenziazione funzionale interna, rassomiglia, in verità, al sistema delle monadi senza finestre di Leibniz, che si sviluppa interiormente passando dalla rappresentazione confusa a quella distinta. Il problema della comunicazione è, del resto, contiguo a quello della conoscenza con cui, di fatto, Luhmann si trova alle prese. La familiarità con i sistemi chiusi informatici lo spinge verso una sorta di idealismo, giacché affermare che i fatti e i problemi ambientali non entrano nel sistema della comunicazione se non attraverso l’autoreferenzialità di esso è come dire che per l’uomo non esistono le cose ma le idee delle cose. Ma sostenere la chiusura del sistema della comunicazione sociale e la rigidità dei suoi codici binari non soddisfa. Le opposizioni concettuali che L. assume come elementi binari dei codici funzionali di comunicazione (la coppia giusto-ingiusto per il diritto, avere-non avere per l’economia, conservazione-progresso per la politica, ecc.) non sono affatto rigide e univoche, essendo costituite appunto da concetti, inevitabilmente equivoci perché funzionanti nel medio psicologico. Pure l’economia, sottosistema trainante nel pensiero di L., il cui codice sarebbe il più rigorosamente fungibile, rientra nella psicologia in senso lato: la produzione è un fatto materiale, ma il comportamento economico e il mercato stesso sono realtà psicologiche aperte.

(11) “Ogni regressione locale di entropia (ogni sviluppo organizzatore), ogni mantenimento di entropia (tramite lavoro e trasformazioni) in uno stato stazionario (vale a dire ogni attività organizzativa), si paga con un aumento di entropia nell’ambiente che comprende il sistema” (E. Morin, Il metodo. I. Ordine, disordine, organizzazione, cit., p. 90). L’uomo utilizza energia asistemica per edificare in seno alla biosfera un ordine tecnogenico che può solo degradarsi, non autorinnovarsi: più energia impiega per costruirlo, più deve dissiparne per mantenerlo, diffondendo un crescente disordine nell’ecosistema.

(12) I. Prigogine, La nuova alleanza,. Uomo e natura in una scienza unificata, Longanesi, Milano, 1979. G. Nicolis, I. Prigogine, Exploring Complexity. An introduction, Freeman, San Francisco, 1986, (La complessità. Esplorazioni nei nuovi campi della scienza, Einaudi, Torino 1991). Gli A. definiscono “strutture dissipative” quelle, fisicamente delimitate, in cui un flusso esogeno di energia, o di materia-energia, produce un ordine dinamico locale. Ordine inscindibile da un dato livello di dissipazione energetica e caratterizzato da “coerenze” a raggio macroscopico (ossia da interazioni coordinate fra parti distanti del sistema, ben oltre il raggio d’azione delle forze intermolecolari); si creano così particolari configurazioni dinamiche della materia, in cui ogni molecola si comporta come se sapesse ciò che fanno contemporaneamente le altre. Nei punti critici di “biforcazione”, ove si danno trasformazioni irreversibili del regime di funzionamento del sistema (quindi anche delle correlazioni a raggio macroscopico), l’elemento fortuito è irriducibile.

(13) E. Laszlo, L’ipotesi del campo……, cit. p. 32.

(14) L’evoluzione – come pure l’apprendimento – è un processo stocastico (dal greco stochastikòs = abile a mirare con l’arco): processo in cui la casualità è strettamente limitata dalla selettività (cfr. G. Bateson, Mind and Nature. A Necessary Unity, 1979 – Mente e natura, Adelphi, Milano, 1984, p. 197 e segg.).

(15) A. Sacchetti, L’uomo antibiologico. Riconciliare società e natura, Feltrinelli, Milano, 1985, 1990 p. 15.

(16) A. Sacchetti, L’uomo antibiologico…., cit., 1990 p. 102.

(17) Per un approfondimento dei rapporti fra processi e forma cfr. G. Bateson, Mente e natura, cit.; Angels Fear, Towards an Epistemolgy if the Sacred, 1987 (Dove gli angeli esitano, Adelphi, Milano, 1989), in cui, tra l’altro, le soglie stesse che definiscono il limite di fluttuazione vengono riconosciute come “struttura” di un sistema. Cfr. anche P. Davies, The New Physics: a Synthesis, in The New Physics, Cambridge, 1989 (La Nuova Fisica: una sintesi, ne La Nuova Fisica, Bollati Boringhieri, Torino, 1992, p. 7, ove distinguere la frontiera tra mente e materia viene considerata la maggiore sfida posta dalla nuova fisica).


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