Torino: riconversione fa rima con cementificazione
Presentata in commissione consiliare l’ipotesi di variante sull’area Thyssen-Ilva: anziché soluzioni a favore della collettività, solo case (inutili) e centri commerciali (inopportuni) per dare parziale sollievo alle casse comunali. Un’occasione di business per la stessa proprietà responsabile – almeno moralmente – della morte di sette operai. Ma durante la presentazione la parola “bonifica” non è mai stata pronunciata…
Il 31 luglio 2013, il nuovo assessore comunale all’Urbanistica, Stefano Lo Russo, ha presentato in seconda commissione consiliare la nuova ipotesi di variante sull’area Thyssen-Ilva, concordata con la proprietà e con altri attori economici dell’ambito.
Si tratta di un riaggiustamento al ribasso rispetto alla variante 221, congelata a seguito delle osservazioni e critiche pervenute dal Comitato “Salviamo il Castello di Lucento”, dalle Associazioni ambientaliste e dalla Circoscrizione 5, tuttavia ancora inadeguata in relazione allo stato dell’arte dei numeri: l’assessore deve infatti spiegare la ratio dell’autorizzazione di un nuovo massivo intervento edilizio a fronte di una stasi demografica che segue a due decenni di calo della popolazione (1), di un eccesso di offerta edilizia (migliaia di case vuote solo in città!) (2) e di una drastica riduzione della capacità di spesa dei torinesi a causa della crisi: tutti fattori che dovrebbero caso mai far riflettere sulla necessità di una revisione del Piano Regolatore, ormai quasi ventennale, attuando in contemporanea una moratoria su tutte le varianti ancora da approvare.
Invece si affronta la discussione senza tener conto delle necessità del territorio cittadino tutto, e di quello oggetto della trasformazione, che avrebbe bisogno di ben altra ipotesi di rilancio e valorizzazione rispetto alla solita ricetta propinata “case, commercio, produttivo”: un mantra che sta mostrando tutta la sua inadeguatezza a comprendere i tempi che corrono e le strade che sarebbero da percorrere per creare occasioni di benessere senza crescita, e quindi si dimostra solo operazione utile a favorire i proprietari delle aree con l’aumento delle rendite e a rimpinguare le esangui casse comunali.
Trasformazioni di questo tipo hanno dimostrato di aver come risultato la creazione di quartieri anodini, senza servizi (non sono infatti stati illustrati, e se gli oneri a scomputo diverranno monetizzabili per le esigenze di bilancio della Città, chi li realizzerà e quando?), senza sicurezza ambientale (non si è parlato infatti di bonifiche, se non nella menzione di qualche consigliere di opposizione, mentre questo aspetto è e deve essere prioritario in ottica di qualsiasi riutilizzo dell’area!) e provocheranno una svalutazione del patrimonio edilizio esistente, con compromissione dei redditi dei nuclei familiari.
La continua emorragia nel tessuto commerciale della città subirà l’ennesimo attacco dalla presenza di un nuovo insediamento della grande distribuzione, anch’essa comunque in crisi, e renderà le periferie dei luoghi ancora più poveri, sia in termini economici che di relazione. A questo quadro si aggiunge il disimpegno dell’Amministrazione che, nella passata compagine, aveva affermato più e più volte che sull’area ex Thyssen-Ilva non avrebbe concesso a una proprietà responsabile – almeno moralmente – della morte di sette operai di ottenere vantaggi dal cambio di destinazione d’uso dell’area, e che anzi questa avrebbe dovuto essere ceduta almeno parzialmente alla Città come risarcimento per tutta la comunità torinese, bonificandola come prevede la Legge.
Ancor più grave, però è la ventilata ipotesi di acquisizione del Castello di Lucento a fronte di un via libera alla variante: un fatto grave che non può essere ignorato, e rappresenta un sottile ricatto: ma la salute dei cittadini e la buona amministrazione non possono essere scambiate con niente.
Insomma, a chi giova questo intervento? Ai cittadini certamente no….!