di Anna Maria Merlo *
Attraverso il voto di un emendamento presentato dal Ps – e votato anche a destra – l’Assemblea nazionale francese ha introdotto nel codice penale il reato di “schiavitù moderna”.
Sarà punibile fino a 15 anni di carcere, 20 se ci sono aggravanti, il “fatto di esercitare su una persona gli attributi del diritto di proprietà o di mettere una persona in uno stato di assoggettamento continuo, costringendola a prestazioni di lavoro o sessuali o alla mendicità o a qualsiasi prestazione non remunerata”. Tra le circostanze aggravanti c’è il fatto che la vittima sia minorenne o vulnerabile. Con questo voto (che non è ancora definitivo, perché deve passare ancora al Senato), la Francia si mette in conformità con una sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo dell’11 ottobre 2012.
La schiavitù è stata abolita, ma delle forme “moderne” hanno visto la luce. In Francia, ci sono già stati vari processi, che hanno rivelato situazioni di oggettiva schiavitù: si tratta soprattutto di giovani e giovanissime ragazze straniere, obbligate a lavorare in famiglie, anche di diplomatici, originarie dei paesi del Golfo o nordafricani. Il meccanismo è sovente lo stesso: con la promessa di un lavoro o invocando relazioni famigliari, delle giovanissime sono impiegate come domestiche nelle ricche case dei bei quartieri parigini. Senza stipendio, con orari lunghissimi, sono costrette a lavorare. Un’associazione che lotta contro la schiavitù moderna ha rivelato numerosi casi e aiutato alcune ragazze a fuggire.
La ministra della giustizia, Christiane Taubira – che ha dato il suo nome a una legge del 2001 che riconosce la schiavitù storica come crimine contro l’umanità – aveva chiesto il ritiro di questo emendamento sulla “schiavitù moderna”, proponendo un gruppo di lavoro parlamentare sulla questione. Ci si interroga sulle ragioni di questa presa di posizione. In questi giorni, quattro dipendenti del grandi hotel Concorde Opera, che erano stati minacciati di licenziamento dalla direzione dell’albergo perché avevano liberato una giovane originaria dell’Etiopia, ridotta in schiavitù da una famiglia del Dubai ospite dell’hotel, hanno vinto la loro battaglia: la lettera di minacce di licenziamento è stata ritirata e la ragazza ha anche ottenuto una promessa di assunzione dal gruppo alberghiero.
* dal blog su Il Manifesto 16 maggio 2013