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IL FINTO COTONE
In questi giorni sta rimbalzando anche in Italia la notizia che una nota casa di abbigliamento (svedese) sta proponendo una linea di capi prodotti con cotone biologico certificato che in realtà è transgenico. Vediamo di capire meglio cosa è accaduto. Un articolo del Financial Times Deutschland, pubblicato in concomitanza con la Fashion week di Berlino lo scorso 22 gennaio, denunciava come una grossa quantità di cotone ogm prodotto in India fosse stato immesso nel mercato tedesco come "biologico". Tra le aziende coinvolte C&A, H&M e la tedesca Tchibo. La notizia è di quelle ghiotte, soprattutto quando c'è la possibilità di segnalare fonti autorevoli come il Financial Times ( edizione tedesca!), ma le accuse non sono certo facili da provare.
Uno scandalo di questa portata, comunque, al di là di ingenerare sospetti sui comportamenti dell'industria tessile, contribuisce a gettare ombre anche sull'attività di chi si occupa con serietà di certificazioni e di diffusione di pratiche sostenibile. Nell'articolo in questione finiscono nel mirino certificatori come Ecocert e l'olandese Control Union, e si insinua il sospetto che potrebbero aver certificato come "biologico", cotone in realtà transgenico. La "frode" sarebbe venuta alla luce lo scorso aprile 2009 dalla società di export indiana a partecipazione statale Apeda. Il direttore generale Sanjay Dave, citato nell'articolo, parla di una truffa "gigantesca". Sarebbero inoltre dozzine i villaggi rurali indiani coinvolti, con l'appoggio delle aziende di certificazione occidentali.
"L'articolo ha discreditato molto bene l'industria eco tessile," è il commento di Heike Scheuer, portavoce dell' Internationaler Verband Naturtextil IVN (Associazione internazionale del tessuto naturale), rilasciato a Organic-Market.Info che ha ricostruito l'intera vicenda. Scheuer sottolinea come non vi siano prove al riguardo e come nessuno sia in grado di circostanziare le accuse o provare che il 30% del cotone sia ogm come ha invece dichiarato il FT; inoltre, continua, il direttore di Apeda ha smentito le dichiarazioni. "Ritengo che sia inverosimile ritenere che gli agricoltori indiani siano coinvolti in una frode - è l'analisi di Scheuer - perché il cotone biologico è la loro vita". Anche gli organismi di certificazione hanno rigettato in modo deciso le accuse. Non ci risulta chiaro come siano arrivati alla conclusione che il 30% del cotone sarebbe contaminato e quale collegamento vi sia con l'India, hanno spiegato in un comunicato quelli della Control Union. Anche perchè il cotone della partita "incriminata", in realtà, si è scoperto nelle scorse due settimane sarebbe giunto dalla Turchia.
Lothar Kruse del Bremerhaven Laboratory Impetus-Bioscience, le cui dichiarazioni avrebbero offerto la copertura scientifica alle tesi del quotidiano economico, come spiega Organic-Market.Info, ritiene di esser stato travisato e punta il dito contro Ft che avrebbe sintetizzato le sue dichiarazioni in modo fuoriviante. Il dato del 30% in questione, ha spiegato, è così alto perché relativo a campioni sospetti. Di questi, comunque, il 70-80% della contaminazione riguarda percentuali inferiori al 2% di materiali transgenici. Valori, ha spiegato, che indicherebbero contaminazione avvenute durante il trasporto o il processo di trasformazione, non certo una frode. Percentuali di questa grandezza di contaminazioni ogm, quindi, difficilmente possono essere evitate soprattutto quando l'intera catena di produzione ( dalle sementi al vestito) non è un sistema chiuso. Questo significa che la causa della contaminazione è imputabile a particelle come polveri o fibre rilasciate nell'attrezzatura e nei contenitori, nei processi di stoccaggio, trasporto e lavorazione.
L'affidamento della gestione dell'intera filiera produttiva ad organizzazioni o aziende certificate biologiche che garantiscono la rintracciabilità di ogni passaggio può rappresentare l'unica garanzia per le aziende del tessile. Ma le grandi catene che si trovano spesso a dover fare i conti con tempi di approvvigionamento stretti e ingenti quantità di materiali, gestiscono direttamente gli acquisti affidandosi alle semplici documentazioni senza magari conoscere direttamente gli attori lungo la catena di fornitura.
L'intera vicenda rappresenta nel modo più plastico il rischio che le imprese corrono di fronte alla diffusione degli ogm. L'impatto mediatico provocato da notizie di questo genere sono impressionanti perché fissano la percezione dei consumatori in modo indelebile, con ricadute che possono rivelarsi ancor più pesanti per quei piccoli coltivatori e braccianti indiani che affidano il proprio sostentamento agli esiti delle proprie - spesso scarse -raccolte agricole. Anche nel tessile, quindi, è sufficiente una percentuale minima come polveri di materiale transgenico, magari scivolato all'interno dei cassoni di qualche vecchio carro, per condannare in modo definitivo il futuro dell'agricoltura biologica.
FONTE: www.greenplanet.net
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