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IL BLUFF DEL NUCLEARE FRANCESE E ITALIANO
Un’agevolazione da 7,5 miliardi di dollari per far partire una centrale nucleare? No grazie. Il cortese diniego non viene da un gruppo ambientalista ma dalla società Constellation, che dell’oggetto in questione s’intende perché è socia di Edf in Unistar. Ebbene Constellation avrebbe dovuto realizzare il primo dei reattori Epr negli Stati Uniti, a Calvert Cliffs, utilizzando gli incentivi introdotti da Bush per rilanciare il nucleare americano che non ha più visto nuovi ordinativi dopo l’incidente a Three Mile Island (1979). Bush aveva stanziato 18,5 miliardi di dollari come fondo di garanzia per le banche che finanziano progetti nucleari. Questi fondi pubblici, pensati come stimolo necessario per vitalizzare un mercato restio a mettere denari sulle centrali nucleari, sono stati mantenuti dalla presidenza Obama. Ora però arriva il colpo di scena a cui il Washington Post ha prestato attenzione: fermi tutti, marcia indietro, niente più reattore. Una notizia definita “scioccante” dall’Edf. Anche perché si inserisce in un quadro sempre più imbarazzante per l’azienda che ha progetto gli Epr: il colosso francese Areva è in crescente difficoltà economica anche a causa dei ritardi nella costruzione del reattore di Olkiluoto, in Finlandia (un Epr), che sta andando verso il raddoppio dei costi previsti tanto da provocare una disputa giudiziaria tra Areva e l’azienda finlandese che sta realizzando l’impianto. Il progetto Epr non è stato ancora approvato dall’autorità di sicurezza statunitense. E pochi giorni fa è stato reso noto il rapporto Roussely, firmato dall’ex amministratore delegato di Edf, in cui si ammette un sostanziale fallimento dell’Epr la cui credibilità “è stata seriamente minata dalle difficoltà incontrate sia nel sito di Olkiluoto che a Flamanville, in Francia”. A quanto pare c’è un unico paese che sente un’incontenibile pulsione a ospitare questi impianti: l’Italia. “Il governo Berlusconi ha firmato accordi con Parigi impegnandosi a costruire quattro Epr e presentandoli come una tecnologia provata mentre non sono chiari nè i costi nè i livelli di sicurezza. E’ un inganno che penalizzerebbe pesantemente le nostre bollette», sostiene Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace.
fonte: www.repubblica.it
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