L’alimentazione è uno dei primi settori ad aver aperto dei canali davvero alternativi e a lanciare modelli di interazione e scambio che ora sono esempio per molte altre categorie di prodotto. Dai gruppi di acquisto solidale, all’attenzione riservata all’intera filiera produttiva come vuole la filosofia di Slow Food, sono molti gli esempi che possiamo reperire e che trovano un proprio alter-ego in rete per facilitare la sensibilizzazione, ma soprattutto l’interazione dei propri utenti. Tra le tante piattaforme nate per questo scopo, c’è anche “I food share” nata per condividere gli alimenti e minimizzare gli sprechi.
La condivisione può avvenire a diversi livelli e sfrutta anche i meccanismi della geolocalizzazione: la piattaforma, infatti, permette di combinare la richiesta di prodotti agroalimentari per scopi umanitari al recupero e messa a disposizione del cibo da parte del comune cittadino, della grande e piccola distribuzione e delle aziende agricole. Come si legge dal sito: “Il sistema è un valido supporto di mediazione e condivisione di prodotti agroalimentari a vocazione territoriale, il surplus prodotto, acquistato o invenduto di ogni territorio può essere utilizzato a fini solidali, avviando e sostenendo politiche di sostenibilità ambientale e valorizzazione di beni alimentari altrimenti destinate al rifiuto urbano”.
Lo stimolo è arrivato da un rapporto della FAO del 2011, secondo il quale circa un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano (con cifre che si aggirano intorno all’ 1,3 miliardi di tonnellate) va perduto o sprecato. Sul sito ufficiale ifoodshare.org è possibile registrarsi gratuitamente ed entrare a far parte della community oppure fare una donazione per sostenere il progetto.
Ph. da facebook.com/ifoodshare