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Archivio Dossier
<< torna indietro     nella localit&arave;: LAZIO     argomento: Notizie & News del: 05/07/2012
News: DIAZ: CASSAZIONE CONDANNA DEFINITIVA PER I VERTICI DELLA POLIZIA

Sono definitive tutte le condanne ai 25 poliziotti per l’irruzione della polizia alla scuola Diaz al termine del G8 di Genova la notte dei 21 luglio 2001.

Lo hanno deciso i giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione. Confermata anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, che dunque colpisce alcuni altissimi gradi degli apparati investigativi italiani:
Franco Gratteri, capo della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello Servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde.

Tutti condannati per falso aggravato, l’unico reato scampato alla prescrizione dopo 11 anni, in relazione ai verbali di perquisizione e arresto ai carico dei manifestanti, rivelatisi pieni di accuse infondate.

Nessuno dei condannati rischia invece il carcere, grazie ai tre anni di sconto dall’indulto approvato nel 2006. La Suprema corte ha dichiarato prescritte le condanne per le lesioni inflitte ai capisquadra dei “celerini” del Reparto mobile di Roma. Gli imputati dovranno risarcire le parti civili, come già disposto nelle sentenze di merito.

In dettaglio, il collegio presieduto da Giuliana Ferrua ha confermato 4 anni a Giovanni Luperi e Francesco Gratteri, 5 anni per Vincenzo Canterini (all’epoca comandante del Reparto mobile di Roma, oggi a riposo), 3 anni e 8 mesi a Gilberto Caldarozzi, Filippo Ferri, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici (questi ultimi all’epoca dirigenti di diverse Squadre mobili), Spartaco Mortola (ex capo della Digos di genova), Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi e Massimiliano Di Bernardini. Prescritti, invece, i reati di lesioni gravi contestati a nove agenti appartenenti al VII nucleo sperimentale del Reparto mobile di Roma.

Oltre 60 feriti e 93 arrestati e poi prosciolti, tra i quali molti giovani stranieri. Il blitz alla scuola Diaz-Pertini, dove alloggiavano manifestanti antiliberisti giunti nel capoluogo ligure per le manifestazioni contro il G8 del 2001, avviene nella notte tra il 21 e il 22 luglio, il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani. All’operazione presero parte centinaia di poliziotti, e nessuno è mai stato in grado di fornirne il numero esatto, dato che – come è emerso ai processi – molti agenti e funzionari si aggregarono spontaneamente al contingente. da ilfattoquotidiano.it


Dal 2001 sono 11 anni, una sentenza arrivata con troppo tempo di attesa.

Se in parte giustizia è fatta, sconforta sapere che a causa dell'indulto questi delinquenti sono ancora in libertà.

E ancora più grave che in questi anni di processi non siano stati sospesi dal servizio pubblico ma addirittura promossi.

A parte l'inasprimento delle pene per soggetti e funzionari pubblici che violano le leggi, occorrerebbe indagare sulla rete di connivenza che ha determinato queste scandalose promozioni....

la madre diAdrovandi:

Non mi si chieda di perdonare ciò che per una madre è imperdonabile, insopportabile, inconcepibile”. Non ci sarà nessun perdono. Perché nessun perdono ci può essere di fronte all’uccisione di un figlio. Lo dice chiaro e tondo Patrizia Moretti all’indomani della lettera di scuse ricevuta da Antonio Manganelli e dalla richiesta di incontro inoltrata a mezzo stampa dal ministro Cancellieri.

Scuse e incontro che “accetto volentieri”, perché “non ho mai nutrito rancore nei confronti della Polizia”, scrive la madre di Federico Aldrovandi sul suo blog, quello aperto proprio per chiedere verità e giustizia sulla morte del figlio, fino ad allora bollata come “malore improvviso”. Ma qualcosa da allora, da quel 25 settembre 2005, è cambiato. Perché ora, “devo ammettere che da quella maledetta mattina le divise mi fanno paura”.

È una Moretti che mette da parte lo spirito battagliero che le ha permesso di reggere in questi sette anni “menzogne, depistaggi, intimidazioni” per lasciare posto al cuore di madre e dire con franchezza che “ora ci si aspetta che da una persona come me, probabilmente sopravvalutata, ci sia il perdono nei confronti dei quattro poliziotti che hanno tolto la vita a mio figlio Federico. Io non sono forte. Io non sono lungimirante. Io non guardo avanti. Io non passo oltre. Sono una madre normale come tutte le madri che hanno partorito il proprio bimbo e lo hanno visto crescere fino a diventare quasi adulto. Quasi”.

In quel “quasi” c’è tutto. C’è una madre orfana, c’è un ragazzo che non ha potuto diventare adulto. C’è un accertamento della verità processuale tardivo (l’iscrizione nel registro degli indagati arrivò solo cinque mesi dopo e il processo per omicidio colposo inizierà solo due anni dopo il decesso). Ci sono le scuse mai arrivate da parte dei quattro poliziotti condannati con sentenza definitiva a tre anni e mezzo, se si eccettuano quelle di Paolo Forlani, “dettate” da un improvviso ravvedimento per le offese lanciate alla donna su Facebook.

E ora lei, che si definisce “debole”, non riesce “a voltare pagina”. “Sono debole perché non riesco a di dimenticare Federico che chiedeva aiuto e rantolava mentre quei quattro non lo ascoltavano e continuavano. Non riesco a dimenticare che tutti hanno sentito (i residenti di via Ippodromo che dissero di non aver sentito nulla quella notte, fatta eccezione per Anne Marie Tsegue che testimoniò contro i quattro agenti, ndr), ma nessuno ha ascoltato. Non riesco a dimenticare che se qualcuno, uno fra i tanti, avesse ascoltato la sua coscienza io avrei ancora il mio bambino e vivrei ancora felice nella mia vita anonima ma meravigliosa vedendo il suo farsi uomo”.

Ora a Patrizia e a suo marito Lino rimane Stefano, “il fratellino più piccolo, [che] è diventato uomo. Ha 21 anni. Vede la stanza intatta, da allora, del fratello più grande che però è rimasto ai suoi 18 anni. Sembra che le vite dei due miei figli si siano avviate su due binari diversi… Federico non è morto. Non lo posso vedere, non lo posso abbracciare, baciare. Federico per me è ancora lì, su quell’asfalto, mentre invoca aiuto e supplica coloro che lo bastonano di smetterla”.

Ora una sentenza, quella di Cassazione, ha definitivamente chiuso il caso per la giustizia dello Stato. Per quella della madre, però, la parola fine non potrà mai essere pronunciata. “Abbiamo ottenuto giustizia ad un prezzo enorme e dopo mille battaglie . continua Moretti sul blog -. Ma nella mia storia di madre mai vi potrà essere un lieto fine. Mi possono insultare, minacciare, ma, al di là della consapevolezza di aver restituito dignità alla memoria di mio figlio morto, non mi si chieda di perdonare ciò che per una madre è imperdonabile, insopportabile, inconcepibile”.

Patrizia Moretti incontrerà dunque il capo della Polizia e il ministro dell’Interno. Ma non solo come madre di Federico, bensì come cittadina che vuole che la morte di suo figlio segni uno spartiacque. “A loro esprimerò ciò che riuscirò ad esprimere. Ma il mio pensiero non potrà non andare a Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, e tanti, troppi altri. Intanto nel mio cuore di ogni mattina e di ogni notte Federico è là che invoca aiuto senza che nessuno lo ascolti . Inutilmente. Come si può farsene una ragione?”.


suonano ipocrite le scuse di De Gennaro che si dichiara solidale con i funzionari condannati

solidale o sodale?

guardate nelle mani di chi siamo ...

chiediamo le dimissioni di de Gennaro

http://www.corriere.it/cronache/12_luglio_08/degennaro-blitz-diaz-condanne_2004b326-c90f-11e1-8dc6-cad9d275979d.shtml


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